Gli antichi fogolâr erano il cuore sociale della casa friulana

Punti di VistaIl fogolâr, focolare in lingua italiana, era il cuore dell’abitazione popolare friulana ed è assurto a simbolo della friulanità, tanto che si chiamano “Fogolâr Furlan” le associazioni...

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Il fogolâr, focolare in lingua italiana, era il cuore dell’abitazione popolare friulana ed è assurto a simbolo della friulanità, tanto che si chiamano “Fogolâr Furlan” le associazioni degli emigrati e dei loro discendenti. Nel Friuli veneto, come in quello austriaco, era presente in ogni casa tradizionale, sia in montagna, sia in pianura, assumendo quasi sempre forma monumentale espressa in due tipologie principali: con cappa se all’interno dell’edificio come molti ricordano all’Aquila Nera della Edvige in via Marconi prima della nuova cucina moderna della trattoria Abruzzo, oppure senza cappa se realizzato quale sburt in fur (sul Collio sloveno žbatafur), corpo aggiunto al principale con le falde della copertura stessa nella funzione di cappa adibita per affumicare alimenti, la cjase da fun come da Mic a Mossa.

Uno splendido esempio di fogolâr ancora esiste a Corona, nella casa costruita nel 1898 dal papà di Gino de Finetti, noto pittore e illustratore, che si vede nell’immagine nella sua forma forse più classica, con il ripiano su mattoni rialzato di una sessantina di centimetri, il larìn, nome che secondo alcuni richiama gli antichi Lari, gli spiriti degli antenati protettori della casa della quale il focolare era il fulcro.

Davanti alla finestra il cjavedàl, alare doppio in ferro alto circa un metro che non trova riscontro fuori dal Friuli dove gli alari sono sempre singoli, opera di grande maestria dei fabbri migliori dal quale pendeva il ciadenàz, la catena alla quale si appendeva la cjaldere, il paiolo della polenta. Sopra ognuno dei ritti laterali le citàrie, i cestelli che servivano per contenere il lumino ad olio (lumin) o la ciotola del sale (salarín) o la brocca del vino (bocâl).

L’architettura era completata da una rientranza anteriore per permettere la prossimità alle pentole sulla fiamma, un piccolo vano per la legna e due maestosi seggioloni (cjadreóns) in posizione rialzata, per godere del massimo riscaldamento sotto la cappa corredata dalla mensola per le suppellettili.

Un arredamento nato per consentire alla famiglia di stare unita intorno al fuoco, per piccoli lavori, per i pasti, per le chiacchierare e per discutere, ma anche per pregare alla luce e al tepore della fiamma. Centro della vita familiare, particolarmente importante per i tanti emigranti stagionali che a Natale ritornavano in famiglia per celebrare la tradizione del ceppo natalizio, il zoc di Nadàl o Nadalin, come racconta un antico proverbio friulano: a fiestis di Nadàl, ognun al so cjavedàl… –

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