Gli amici di Giulio Camber, il grande sconfitto: «È pimpante, non mollerà»
Lui già pensa alle regionali cercando di schivare “impallinamenti” interni

TRIESTE. Tutto come da copione. Per il primo bollettino medico da via del Coroneo, quartier generale del senatore Giulio Camber, bisogna affidarsi al polso degli amici più cari. Il vecchio leone azzoppato nella notte da uno zero virgola spiccioli percentuali, «non parla, non commenta, anzi è... fuori», fa sapere il portavoce Enrico Scaramucci, incaricato di trasmettere il verbo standard della neo condizione da esodato del Senato. Il fratello Piero, che invece si è recato in visita di buona mattina, sceglie le parole che di solito accompagnano il post-trauma degli augusti infermi. «Dispiaciuto, ma sereno. Non ne fa un caso personale, ragiona sempre in un’ottica generale. Per Giulio la politica non è una seggiola. Continua a farla, anche senza». Ugualmente tranquillizzante il responso del consigliere regionale Maurizio Bucci, sodale di vecchia data e anche lui subito accorso nel sancta sanctorum: «Pimpante», azzarda. «Il momento è difficile, ma Giulio dimostra come sempre un grande equilibrio e lucidità politica. È una figura defilata, ma ha un’eccezionale condivisione territoriale. Parliamoci chiaro: è l’ultima bestia rara della politica locale, l’unico uomo di spessore dopo Cecovini. Che stia al Senato o in via del Coroneo non cambia molto».
Líder máximo era e líder máximo resta, sintetizzano insomma i più vicini, sia accomodato sui velluti di Palazzo Madama che sui tessuti, altrettanto pregevoli, delle sue stanze triestine. Ne è sicurissimo Bruno Marini, un altro fedele compagno di cordate, fin dai tempi, più o meno trentasette anni fa, in cui entrambi frequentavano i gruppi universitari cattolici e Giulio insegnava all’amico a liberarsi dall’imbarazzo davanti al microfono.
Bruno si è fatto vivo con un sms subito dopo l’una di notte: non preoccuparti, tanto tra sei mesi si rivota. E ne ha ricevuto in cambio un motto di spirito, all’insegna dell’«avanti un altro» riservato ai cronisti. «Il risultato mi ha colpito profondamente - dice Marini - anche se negli ultimi tempi è noto che avevamo avuto qualche divergenza. Ma qui non si tratta solo di un piano umano. È preoccupante, e molto, il risvolto politico, e per due fattori. L’uscita di Camber dal Senato toglie un punto di riferimento ai moderati triestini, quello che lui ha sempre incarnato fin dai tempi della vecchia Dc, quando era la guida dell’ala di destra. Inoltre - aggiunge - abbassa di molto la “qualità” della rappresentanza parlamentare del Pdl. Senza nulla togliere alle persone, per carità, ma mandiamo a Roma Bernabò Bocca, Di Centa e Savino. Paradossalmente è quest’ultima la più politica dei tre...».
“Tempo” è la parola magica. Perchè, confortano gli amici, il prossimo sarà un governo a tempo e il tempo, anche per i politici di lunghissima navigazione come Giulio, è una buona medicina e aiuta a mettere le cose in prospettiva. Tra due anni, forse meno, ipotizza Piero Camber, si tornerà alle urne, il tempo necessario a un eventuale “governissimo”, con un cronoprogramma preciso, per portare a casa pochi punti di generale accordo. E allora l’«amarezza» di queste ore, per quel pugno di tremila voti che hanno stoppato il fratello, Vanni Lenna e un probabile altro senatùr leghista, sarà da tempo diluita. «Fa parte del gioco, Giulio lo sa», commenta. «L’aveva già provato nel ’94, quando a Roma andarono Marucci Vascon e Gualberto Niccolini, e lui restò fuori. Due anni e poi di nuovo in pista. Ma nel frattempo continua a fare politica come sempre, chi ce l’ha nel dna non può farne a meno. Per questo tutti gli riconoscono il ruolo che ha».
È il visitor Bocca, il presidente di Federalberghi maritato con Benedetta Geronzi, che ha scoperto la regione qualche giorno fa e che ha di fatto depotenziato l’accordo con Berlusconi per blindare Camber? «Scelte che si subiscono - osserva Piero - ma abbiamo sempre giocato in maniera leale. Il turismo è uno dei nostri punti di forza, ci auguriamo che ci porti la sua professionalità. L’accordo con Berlusconi? Non è stato carta straccia: Giulio era il primo dei candidati regionali, se avessimo vinto tutto sarebbe filato liscio». Caustico Marini, che, di primo acchito, pensava che Bernabò fosse il figlio del partigiano Giorgio: «Scelta vissuta male, imposizione romana. Il solito modo del c... di fare le liste. Giulio è imprevedibile, originale. È vero che nel ’94 aveva vent’anni di meno, ma spero che continui a essere un punto di riferimento. Ne abbiamo bisogno per la battaglia regionale». C’è chi dice che questa, appunto, è l’ulteriore ruga delle ultime ore sulla fronte di Camber senior. Il dato pidiellino su Trieste non galvanizza e forse c’è qualcuno (un nome a caso: Dipiazza) che non si è scaldato troppo per la causa del centrodestra. Gli impallinamenti trasversali sono la specialità della casa, esportati nell’agone regionale possono dimezzare la vecchia pattuglia di cinque consiglieri. Ne sa qualcosa Antonione. Oggi è il turno dell’ex senatore Giulio.
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