Gli alunni goriziani sono senza palestre
Mancano palestre scolastiche in città: bisogna correre ai ripari. L’appello, forte e chiaro, venne formulato più di otto anni fa dal coordinatore dell’Ufficio educazione fisica dell’ex Provveditorato Umberto Ballarini. Si innescò un dibattito con tante belle promesse. Sembrava, insomma, che il problema fosse avviato alla soluzione.
La situazione odierna? «È addirittura peggiorata soprattutto per quanto riguarda le Superiori. Le poche palestre utilizzabili, nel frattempo, si sono deteriorate. Ad esempio, quella del Pacassi viene usata parzialmente perché il tetto spande, le altre distano parecchio dalle scuole. La situazione a Gorizia è indiscutibilmente critica. È vero, oggi ci sono poche risorse a disposizione: quel che fa più arrabbiare è che quando invece ce n’erano non si è fatto abbastanza».
Scarsità
di strutture
Ballarini è un fiume in piena. Del resto, questo è sempre stato un suo cavallo di battaglia. Ricorda che la Ascoli e la Trinko sono sprovviste di palestre, l’istituto comprensivo di Lucinico utilizza parzialmente la struttura di via Veniero («Per il resto i bambini sono raminghi», dichiara), tutto il polo liceale, a prescindere dalla Magistrali, non ha una sede specifica dove fare attività motoria, il D’Annunzio si serve del Kulturni Dom. «Quante strutture occorrerebbero? Parecchie. Sono anni che si parla di realizzare una palestra per la “Ascoli” in via Mascagni e siamo fermi alle parole. In città, al di là della Pecorini, non c’è scuola elementare che sia dotata di una palestra annessa. Mi piacerebbe tanto parlare con i politici per spiegare loro che il problema è reale, elencando anche quali sono le priorità». Ballarini prende atto dei «buoni propositi» manifestati a più riprese nel passato sia da parte dell’amministrazione comunale che di quella provinciale. Ma vedrebbe bene un coinvolgimento diretto degli insegnanti di educazione fisica. «Chi meglio di loro sanno quali sono le migliori dotazioni per le palestre?»
L’organizzazione
delle scuole
Ma come si organizzano le scuole? Utilizzando gli scuolabus o il trasporto pubblico dell’Apt. «Ma è chiaro che, in questa maniera, bisogna mettere in conto il tempo del trasferimento dalla scuola alla palestra. In altre parole, gli studenti invece di effettuare un’ora di educazione fisica, devono accontentarsi di 45 minuti, a volte anche meno». Inoltre, tutti gli spostamenti avvengono sotto la responsabilità degli insegnanti stessi. Sono loro che devono stare attenti quando gli studenti attraversano la strada, passano vicino alle auto, affrontano gli incroci. «E se dovesse succedere un incidente? Chi risponde? Il docente di educazione fisica è sempre solo e deve “gestire” venticinque alunni quando la legge dice che dovrebbero esserci 15 studenti per classe. In altre parole, viene sì salvaguardata - continua Ballarini - l’integrità dell’attività di educazione fisica ma, è chiaro, sarebbe preferibile avere un maggior numero di palestre a disposizione».
Spazi
adattati
I bambini, nelle ore di educazione fisica, devono utilizzare il più delle volte spazi “adattati”. Peraltro, le condizioni degli impianti (quelli che si possono utilizzare) non soddisfano affatto gli insegnanti di educazione fisica, che già devono fare i salti mortali per garantire un minimo di attività motoria ai più piccoli.
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