Gli allergeni nella jota? Un caos per gli osti

La legge chiede trasparenza nei menu ma Ziberna (Fipe) denuncia: mancano le circolari attuative
Un piatto di jota
Un piatto di jota

Rendere il menu trasparente, indicando la presenza di allergeni nelle pietanze che lo compongono. Così anche un semplice piatto di jota non potrà più avere segreti. È solo una delle svariate misure previste dal regolamento comunitario 1169 del 2011, la cui applicazione è scattata lo scorso 13 dicembre anche nel nostro paese. Il documento, destinato a tutti gli operatori del settore alimentare, mira ad uniformare l'etichettatura degli alimenti in 27 paesi dell'Unione Europea. E l'obbligo di indicare eventuali sostanze allergeniche è scattato anche per bar, mense, pizzerie e ristoranti. Tutto chiaro? Anche no. Perché a quasi un mese dalla sua entrata in scena, qualcosa non torna.

«Siamo nel caos più totale - denuncia Fabrizio Ziberna, segretario provinciale della Fipe - ci troviamo di fronte ad una tipica situazione all'italiana. Ad oggi abbiamo un regolamento Ue che si applica in Italia senza poter essere applicato. E questo perché il Ministero competente non ha ancora emanato le circolari attuative, né tantomeno pubblicato in Gazzetta Ufficiale le sanzioni del caso». Come dire fatta la legge, gabbato lo Santo. Perché la normativa c'è, e su questo non ci piove, ma non è ancora dato sapere come debba essere applicata e rispettata sul suolo nazionale. E in assenza di indicazioni esatte circa le modalità di comunicazione al consumatore, la questione resta alquanto nebulosa.

«È necessario indicare la presenza di allergeni nel menu piatto per piatto - prosegue Ziberna - oppure basta chiedere al personale? Devo esporre un cartello? Non si sa. Inoltre, come detto, il regolamento si applica a tutto, imprese produttrici incluse. Di conseguenza, come mi comporto se acquisto da un fornitore che non si è ancora messo in regola? C'è troppa confusione". Caos. Una piccola Babele che sta dando del filo da torcere a esercenti e ristoratori - ma non solo, sia chiaro - di tutta Italia. Trieste compresa. «No, non ci siamo ancora mossi - spiega Luca Morgan, titolare della Chimera di Bacco - onestamente aspetto di avere indicazioni più precise. Per quel che mi riguarda si tratta di un provvedimento assurdo. Noi abbiamo un menu alla carta che rinnoviamo molto spesso. Diventa ingestibile pensare di dover indicare piatto per piatto tutti gli allergeni presenti. Nel mio ristorante entrano quasi ogni giorno persone che soffrono di allergie alimentari, ma sono loro a comunicarcelo appena si siedono al tavolo».

Qualcuno temporeggia in attesa di disposizioni dall'alto. Altri si mettono in linea creando un apposito bugiardino versione gourmet. Ma non solo. «Oltre ad aver sempre indicato nel menu gli ingredienti che compongono i piatti - racconta Roberto Marussi di Al Bagatto - sono solito chiedere al cliente se ci sono problemi di allergie o intolleranze. Noi per ora continueremo a fare così».

Una giungla, dunque? Non proprio. «La modalità di comunicazione migliore - spiega Nicola Sudano, titolare di Isaq Srl - resta quella scritta, magari indicando gli allergeni presenti pietanza per pietanza o creando un menu apposito. È una forma di tutela in più per il ristoratore». La trasparenza, insomma, è servita. O quasi.

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