Giustizia, il caso dei tirocini senza fine: schiavi 2.0 a 50 anni

Sono 15 in Fvg, più di mille in tutta Italia: precari della giustizia dal 2010. Ogni anno lo stage si rinnova con nome diverso: così lo Stato aggira la legge. Lo studio legale Leone Fell: così Roma risparmia mediamente circa mille euro a stagista
Il “vizio” delle proroghe e il Tfr fantasma: più di mille tirocinanti italiani sono sotto scacco del sistema giudiziario
Il “vizio” delle proroghe e il Tfr fantasma: più di mille tirocinanti italiani sono sotto scacco del sistema giudiziario
TRIESTE Da più di sei anni lo Stato italiano aggira la legge all’interno degli stessi tribunali. Lo fa tenendo in scacco, proroga dopo proroga, un migliaio di persone (15 in regione, 2 a Trieste) nei corridoi delle aule di giustizia, con tirocini pagati 400 euro al mese.
 
Niente contributi previdenziali, ferie, malattia, Tfr o 13esima. Niente di niente. Questi tirocinanti non sono studenti appena usciti dall’università ma persone di 50 o 60 anni. Cosa avranno da imparare ancora al quarto tirocinio consecutivo, identico in tutto tranne che nel nome, è un mistero. Abbiamo detto quattro tirocini, badate bene: per legge (Fornero, giugno 2012) non è possibile fare il tirocinante per più di 12 mesi presso lo stesso ente.
 
Il Ministero di Giustizia nel 2010 ha preso circa 2500 disoccupati, li ha buttati nella mischia dei tribunali come Lsu per sopperire alla cronica mancanza di personale, e poi - non potendone più farne a meno - anno dopo anno ha proposto loro un tirocinio con nome diverso, ma la stessa costante: nessuno stipendio, solo un’indennità oraria o mensile
Il Ministero di Giustizia nel 2010 ha preso circa 2500 disoccupati, li ha buttati nella mischia dei tribunali come Lsu per sopperire alla cronica mancanza di personale, e poi - non potendone più farne a meno - anno dopo anno ha proposto loro un tirocinio con nome diverso, ma la stessa costante: nessuno stipendio, solo un’indennità oraria o mensile
 
La storia di precarietà. Fabio Bernardi, nato nel 1969, ci ha scritto due settimane fa. «Notizia fresca di giornata: prorogato il tirocinio per un altro anno. E siamo a quattro di fila. Record del mondo? Siamo gli schiavi 2.0 dello stato. Umiliante». Fabio lavora al Tribunale di Trieste, cancelleria del Contenzioso Civile. Cosa fa? Secondo la convenzione (non è un contratto), si occupa di archiviazione, fascicolazione degli atti, supporto alla cancelleria, fotocopiatura, scannerizzazione, fax e front office.
 
«In realtà facciamo tutto quello che serve per il buon funzionamento dell'ufficio. Lavorando sodo. Del tirocinio manco l’ombra. C’è da lavorare, da correre». Il suo tirocinio si chiama dal 2015 “Ufficio del Processo”, e prevede da un minimo di 40 a un massimo di 70 ore mensili (i tribunali propendono per quest’ultima opzione). Prima si chiamava “Tirocinio di Perfezionamento formativo (dal 1° agosto 2014, 420 ore totali).
 
Prima ancora “Tirocinio di Completamento Formativo” (210 ore , dal settembre 2013). Fabio è un ex perito meccanico che nel 2010 è entrato in cassa integrazione e, davanti alla prospettiva di restare a casa a fare nulla, ha partecipato ad una selezione per entrare come Lsu (Lavori Socialmente Utili) presso il Tribunale di Sorveglianza. Vista la cronica mancanza di personale, il Ministero della Giustizia gli ha chiesto di fare un altro passo, col primo tirocinio. Poi un altro, poi un altro ancora.
 
A inizio anno, con la legge di bilancio 2017, il Ministero ha annunciato l’ennesima prosecuzione dei tirocini formativi negli uffici giudiziari.
A inizio anno, con la legge di bilancio 2017, il Ministero ha annunciato l’ennesima prosecuzione dei tirocini formativi negli uffici giudiziari.
 
In occasione dell’inaugurazione dell'anno giudiziario, il sindacato Federazione Intesa farà presente che «la ciliegina sulla torta è il finanziamento di questo ulteriore completamento dei tirocini, che sottrae quasi 6 milioni di euro alle somme già stanziate per la riqualificazione del personale. Bella mossa per continuare ad alimentare la guerra tra poveri». 
 
Gorizia, Pordenone, Udine: stessa storia, stesso rimborso. La stessa storia di Fabio Bernardi ce l’ha anche Massimiliano Kovacic, 49 anni, ma a Gorizia. «Lavoravo 60 ore mensili, ma sempre pagate 40, a 400 euro al mese. Non si può fare, ma chi fa causa al ministero? Le risorse economiche sono molto limitate».
 
Non c’è mai fine all’umiliazione dato che, per avere questo rimborso spese, è necessario fare richiesta come se si trattasse di una borsa di studio, riferiscono i diretti interessati. Diego Pupin, Tribunale di Pordenone, ha 60 anni e ha perso il lavoro in Seleco a 53 anni.
 
«Nel 2013 ho lavorato 210 ore per 10 euro lordi all’ora. Con l’ultimo tirocinio ho lavorato 70 ore al mese, ma pagate solamente 40. Sono 7 anni che lavoro per ministero della giustizia, e dopo 7 anni mi chiede ancora di fare tirocini?». Chi viene chiamata dal Sud, come una sua collega di Cosenza, è costretta a rinunciare. Come si manterrebbe altrimenti? Ora, in attesa che la macchina riparta a febbraio, a Pordenone «al posto nostro non c’è nessuno. Alla scadenza del tirocinio, sono sparite 1100 persone dai tribunali di tutta italia, in un colpo solo». 
 
Il concorsone impossibile. La beffa finale è un concorso bandito a novembre scorso per 800 assistenti giudiziari. Sono attese centinaia di migliaia di domande da tutta Italia. I tirocinanti dell’Ufficio del Processo potranno avere 6 punti in più, certo. Ma solo dopo aver passato: la preselezione, i due scritti, i due orali e la prova pratica.
 
«Non abbiamo speranze. La nostra età media è di circa 50 anni e non possiamo certamente competere con giovani laureati o anche con un semplice neo diplomato», commenta Bernardi che dall'estate del 2015 cerca invano di avere un colloquio con la presidente della Regione, Serracchiani.
 
«Ci chiedono di fare gli ultimi 100 metri prima di arrivare al traguardo, solo che dovremmo gareggiare contro Usain Bolt. È una guerra persa in partenza». I tirocinanti ora stanno studiando un’azione legale a livello nazionale.
 
L'esterno del tribunale di Gorizia. Due dei tirocinanti di cui abbiamo parlato sono proprio impiegati nel capoluogo isontino. Ce ne sono poi 9 a Pordenone, 2 a Trieste e 2 a Udine
L'esterno del tribunale di Gorizia. Due dei tirocinanti di cui abbiamo parlato sono proprio impiegati nel capoluogo isontino. Ce ne sono poi 9 a Pordenone, 2 a Trieste e 2 a Udine
 
Un rapporto di lavoro mascherato. Per ogni passo dell’odissea dei precari della giustizia c’è un decreto legge, o una norma, o una finanziaria o un comma modificato, o un codicillo che rende l’assurdo possibile. 
 
Qualche esempio? Una legge del 2012 prevede lo stanziamento di fondi per il tirocinio: «per il solo anno 2013». Poi un decreto legge (98/11 del 2011) viene ritoccato, ed è la stessa solfa: «per il solo anno 2014...» Nel 2015, con un altro decreto, si istituisce l’Ufficio del Processo come «ulteriore periodo di perfezionamento della durata di dodici mesi». Legge di bilancio 2017: «prolungamento di ulteriori 12 mesi» e così via. 
 
Secondo lo studio Leone Fell, specializzato in diritto del lavoro e in temi caldi, ultimamente, come quello dei come concorsi pubblici, la condotta dello Stato italiano presenta palesi illegittimità sotto due profili. Il primo in quanto «sia per la legislazione vigente nel 2010 (d.lgs. 142/1998), che per quella in materia di stage formativi, la durata massima prevista è di 12 mesi comprensiva di tutte le proroghe».
 
Nonostante le mansioni siano basilari, come fare fotocopie e acquisire fascicoli, il Ministero risparmia oltre mille euro mensile a stagista, senza versare Tfr o contributi previdenziali
Nonostante le mansioni siano basilari, come fare fotocopie e acquisire fascicoli, il Ministero risparmia oltre mille euro mensile a stagista, senza versare Tfr o contributi previdenziali
 
Per questo lo studio, come si legge sul suo sito, ritiene che i precari della Giustizia meritino il riconoscimento «di tutti gli elementi retributivi che non sono stati corrisposti negli anni». La contrattazione dei dipendenti pubblici e di quelli privati «dovrebbe fare riferimento al contratto collettivo nazionale degli assistenti giudiziari», riferiscono, con una retribuzione minima orientativa di 1300euro netti al mese e tutti i benefici di un contratto non precario.
 
Assenza di selezione annuale. Uno dei grossi problemi di questo caso sta nella mancanza di valutazione iniziale: non c’è stato un concorso ma una selezione semplicistica sulla base di domande dal bacino di disoccupati e Lsu. I passi successivi erano riservati a coloro che avevano svolto quelli precedenti. Un meccanismo chiuso e senza uscita.
 
Così facendo, «gli stagisti sono stati usati come pianta permanente», cosa che cozza con la legge Fornero del 2012 ma anche con la direttiva europea 1999/70/CE che detta le linee guida per la lotta al precariato. L’intrico legislativo «sarebbe stato legittimo se si fosse trattato di lavoratori precari, ma non lo sono: i tirocinanti sono soggetti che stanno svolgendo un periodo di formazione per apprendere un determinato lavoro, in questo caso assistente giudiziario».
 
Il Ministero, inoltre, invece che continuare ad impiegare le stesse persone dell’anno precedente avrebbe dovuto bandire una nuova selezione ogni anno. «Qui siamo davanti a un rapporto di lavoro continuativo sotto tutti gli aspetti tranne quello formale, nonostante le clausolette che hanno fatto firmare». 
 
Anche all’interno della stessa macchina della Giustizia il caso di questi precari è poco noto. Un sindacalista di Trieste, contattato telefonicamente, sulle prime era ignaro dell’esistenza di queste figure anche in città. «Gli uffici locali ricevono le linee guida dal Ministero e devono attuarle. Non sono tenuti a scegliere se ottemperare o meno. Il torto sta a monte, non a valle. Loro sarebbero altrimenti disoccupati e sono costretti ad accettare questo lavoro. Le condizioni sono umilianti? Sì, decisamente».  
 
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Dal Ministero condotta illegale e puerile Eleonora Voltolina, direttrice di Repubblicadeglistagisti.it, non usa mezzi termini per definire la situazione venutasi a creare all’Ufficio del Processo: “una mostruosità”. Così chiama questo programma di stage lungo oltre 6 anni e di cui ancora non si vede la fine. «Il ministero della Giustizia sta facendo qualcosa di illegale, e ne è consapevole», commenta l’autrice del libro “Se potessi avere 1000 euro al mese - L’Italia sottopagata”.
 
«Prova è l’aver cercato di mascherare le tante proroghe con nomi diversi. Quando c’è una volontà di abuso, assistiamo allo stratagemma puerile di cambiare nome del tirocinio. Così si dà adito all’idea che, essendo una cosa diversa, la nuova formulazione non soggiaccia alle regole del tirocinio stesso».
 
La questione del concorso e dell’eventuale punteggio aggiuntivo per i tirocinanti non risolve il tema principale: il buco di personale. Gli stagisti erano comodi da prendere e «si è deciso senza farsi scrupoli di prendere in giro 2.600 persone. È la solita storia italiana in cui nessuno è responsabile. Ci fosse stato un Presidente di Tribunale che ha scritto al Ministero per protestare…»
 
Considerando come stavano le cose, conclude Voltolina, «questi tirocinanti avrebbero dovuto rendersi conto che stavano imboccando un vicolo cieco. Una certa mentalità italiana li ha abituati a pensare che, resistendo, alla fine si sarebbero incardinati. Ma questo periodo di limbo sta durando da sette anni. Lo stato deve prendersene la responsabilità»

 

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