Giuliani nel mondo, 40 anni di sfide Al via il raduno a Trieste e Gorizia

Nella ricorrenza del 40° anniversario di fondazione dell’Associazione Giuliani nel Mondo una serie di iniziative a Trieste e Gorizia per ricordare il passato e guardare al futuro: quello delle generazioni dei discendenti e dei nuovi emigranti. La storia della Venezia Giulia fuori dai confini e le nuove sfide nell’era della globalizzazione
TRIESTE.
Una nave ormeggiata pronta a partire, sul molo tanta gente con la valigia in mano. Lacrime e sorrisi sui volti di chi va e di chi invece resta. Quella scattata il 15 marzo 1954 è l’immagine simbolo dell’emigrazione giuliana nel mondo. Immortala la prima partenza della nave Castel Verde dal Molo Bersaglieri della Stazione Marittima: destinazione Australia.


L’EVENTO
Un’epopea che rivive, fra Trieste e Gorizia, nella ricorrenza del 40° anniversario di fondazione dell’Associazione Giuliani nel Mondo. Ricordando il passato, certo, ma guardando al futuro: quello delle generazioni dei discendenti e dei nuovi emigranti, protagonisti della mobilità professionale nell’era della globalizzazione. Una risorsa spesso non compresa in Italia. «Assicurare continuità alla presenza delle comunità giuliane nel mondo puntando sulle nuove generazioni ed affrontando le situazioni nuove connesse alla globalizzazione», dice Dario Rinaldi, presidente onorario dell’associazione.


LE FASI
Perché oggi le comunità dei giuliani, degli istriani, dei fiumani e dei dalmati presenti nelle varie parti del mondo si trovano a vivere sotto diversi aspetti una delicata fase di transizione, con problemi nuovi e con passaggi ineludibili. Ecco che la ricorrenza del 40° anniversario vede, a Trieste e a Gorizia, organizzate una serie di «iniziative per ricordare, ma che devono essere - spiega Rinaldi - soprattutto un’occasione per riflettere sulle sfide decisive del futuro».


LA STORIA
Ma cosa è stata l’emigrazione giuliana del dopoguerra? Perché e quante persone ha coinvolto? Quella che il presidente dell’associazione Dario Locchi chiama «la Venezia Giulia fuori dai confini della Regione e dell’Italia» è difficile da quantificare. «La nostra è stata un’emigrazione diversa da quella tradizionale delle altre regioni italiane, in quanto non è stata determinata, principalmente, dalla necessità di sfuggire a condizioni di miseria e sottosviluppo - spiega Locchi - ma è stata, in gran parte, determinata dalle travagliate vicende storico-politiche che hanno interessato le zone della Venezia Giulia, dell’Istria, di Fiume, delle isole del Quarnaro e della Dalmazia, cioè dei territori ceduti all’ex Jugoslavia, nella fase finale della seconda guerra mondiale e nel successivo dopoguerra».


I NUMERI
Un terzo dei 350mila italiani fuggiti dall’Istria, da Fiume e dalla Dalmazia dovettero lasciare anche l’Italia. Seguiti da altri 20mila triestini e isontini, anche prima del conflitto mondiale. I giuliani che attualmente risiedono all’estero, fra emigrati di prima generazione, discendenti e coloro che più di recente hanno deciso di andare a lavorare all’estero, si possono comunque quantificare in circa 150mila.


IL LEGAME
Proprio l’associazione in questi decenni «è stata e vuole continuare ad essere insostituibile punto di riferimento e di raccordo - dice Locchi - tra la Venezia Giulia e i circoli, club, sodalizi formati dagli emigrati triestini, goriziani, bisiachi, istriani, fiumani e dalmati nei vari continenti». Ecco che il 40° anniversario costituisce un’importante occasione «per confermare i vincoli di vicinanza e di solidarietà con i giuliani residenti all’estero. Ma il nostro intento - aggiunge il presidente - è anche quello di ribadire, ancora una volta, che le Comunità dei nostri corregionali presenti nei vari Paesi sono punti di riferimento preziosi, sono opportunità, sono potenziali risorse per Trieste e per Gorizia, per l’intero Friuli Venezia Giulia.


LE PRESENZE
Una folta rappresentanza del mondo delle associazioni - emigranti e discendenti, assieme - sarà presente in questo fine settimana alle iniziative di Trieste e di Gorizia. Un modo per saldare le radici, parlare del presente ma con un occhio rivolto al futuro. «Emergono in questa fase due dati fondamentali che condizionano largamente le prospettive e la stessa sopravvivenza delle comunità formate dai giuliano-dalmati - sostiene Rinaldi - Il primo riguarda le nuove situazioni che si sono e si stanno determinando, innescate dal generale processo della globalizzazione, dai profondi mutamenti sociali ed economici, ed anche culturali. Il secondo riguarda le nuove generazioni dei discendenti, che occorre maggiormente interessare e coinvolgere».


I DISCENDENTI
Questi giovani - nati nei Paesi che hanno accolto e in cui si sono inseriti i loro nonni e i loro genitori - dimostrano interesse per la riscoperta e la maggiore conoscenza della cultura italiana. Ma hanno esigenze e prospettive diverse da quelle dei protagonisti della dolorosa vicenda dell’emigrazione. «Vivono la riscoperta delle “radici” e della identità originaria della propria famiglia come apertura culturale al resto del mondo - spiega Rinaldi - come opportunità di conoscenza di un’altra importante realtà, richiedono giustamente di essere partecipi di iniziative, di contributi e di relazioni qualificati».


LA SFIDA
Ecco la nuova sfida per gli emigrati e i loro discendenti - in Europa e negli altri Continenti - che si sono o si stanno affermando nel mondo delle imprese e delle relazioni commerciali, delle università e della ricerca, della tecnica, della cultura, della comunicazione.
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