Giovannini: "L’Italia riparta con una crescita sostenibile"
TRIESTE Enrico Giovannini, professore ordinario di statistica ed economia italiana ed europea all’Università Tor Vergata di Roma, è stato presidente dell’Istat dal 2009 al 2013 e ministro del Lavoro nel Governo Letta. Già capo economista dell’Ocse, Enrico Giovannini, è portavoce dell’ ASviS, l’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile. L’economista parteciperà stamane a un meeting organizzato da Ambrosetti nella sede di Civibank a Cividale.
Prof. Giovannini, che cos’è l’utopia sostenibile di cui parla nel suo ultimo saggio?
Il mondo industrializzato crescerà a un ritmo dell’1,75% l’anno nei prossimi 40 anni. Per superare questa stagnazione bisogna puntare su uno sviluppo sostenibile altrimenti i costi sociali ed economici imposti dall’automazione saranno troppo elevati. Le crisi che il mondo sta attraversando ci hanno posto di fronte ai limiti economici e sociali, ma anche ambientali, che abbiamo largamente oltrepassato. Già oggi, con gli attuali consumi di risorse e di energia, servirebbe all’umanità un Pianeta e mezzo per soddisfare i propri bisogni».
Come stimolare la crescita?
Il modello capitalistico classico come lo abbiamo conosciuto negli ultimi 40 anni è al capolinea. Siamo di fronte all’urgenza di un cambiamento epocale perchè dobbiamo trasformare i sistemi produttivi in modo compatibili con l’ambiente. Sarà una occasione straordinaria per creare più investimenti, posti di lavoro e crescita economica. Una sfida difficile da realizzare ma possibile».
La crescita, la religione del Pil, sarà sempre il fattore dominante?
No. La crescita fine a se stessa non basta. La produzione va smaterializzata in modo significativo passando dall’economia lineare all’economia circolare. Bisogna incentivare l’uso di una rendicontazione non solo finanziaria ma anche ambientale e sociale. Un cambio culturale, imposto dalle nuove politiche europee, che già sta avvenendo fra i consumatori.
La crisi del lavoro è connessa al tema delle diseguaglianze. L'intelligenza artificiale crea o distrugge posti di lavoro?
Nell’era digitale ci saranno nuovi mestieri e opportunità ma altri lavori scompariranno. Nel rapporto che ho contributo a curare per l’Organizzazione mondiale del lavoro descrivo i cambiamenti socioeconomici che l’era tecnologica produrrà inevitabilmente nel mondo del lavoro. Oltre alla necessità di un salario minimo, individuo la necessità di un programma serio di formazione continua per i lavoratori. Un diritto che deve riguardare tutte le categorie professionali ed è stato assimilato nel nuovo contratto dei metalmeccanici.
Quali saranno i costi per l’occupazione?
Questa transizione non sarà indolore ma deve essere giusta. Esiste il rischio che molti lavoratori saranno lasciati ai margini. Penso ad esempio al settore dell’automotive nel passaggio all’auto elettrica.
In Italia si investe sempre meno..
L’Italia ha accumulato molta ricchezza in questi anni che resta congelata. Oggi si percepisce un clima generale di incertezza, gli investimenti sono bloccati, cresce un sentimento di sfiducia. I risparmiatori italiani e tante imprese preferiscono tenere la liquidità parcheggiata. Il motivo? Manca un progetto per il Paese.
La soluzione è l’Europa?
L’European Green Deal, il grande piano di investimenti verso la transizione energetica proposto dalla nuova commissione Ue, individua nell’economia circolare il modello da seguire. Il sistema finanziario deve finanziare prioritariamente progetti green orientati allo sviluppo sostenibile. Le nuove generazioni di imprenditori hanno già capito che la sostenibilità è un investimento necessario. E anche le famiglie italiane stanno sempre più scegliendo prodotti sostenibili. In Italia abbiamo molte eccellenze che possono e devono risvegliare un nuovo spirito imprenditoriale nel Paese in senso etico e sostenibile.
Quali prospettive vede per il sistema industriale del Nordest, l’antica locomotiva d’Italia?
I dati Istat dicono che la transizione alla sostenibilità e all’innovazione possono garantire più produttività e redditività alle nostre imprese. I costi saranno elevati in termini di investimenti ma il passaggio a una economia circolare, che significa condivisione, riutilizzo e riciclo di materiali e prodotti, aprirà nuovi prospettive ed enormi vantaggi. La finanza si sta già muovendo in questa direzione—
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