Giovane morto in cantiere a Monfalcone, ipotesi omicidio colposo

La Procura dispone il sequestro della parte del bacino Fincantieri in cui il 19enne Matteo Smoilis è stato travolto. Parlano i testimoni diretti dell’incidente
Bonaventura Monfalcone-10.05.2018 Sciopero-Fincantieri-foto di Katia Bonaventura
Bonaventura Monfalcone-10.05.2018 Sciopero-Fincantieri-foto di Katia Bonaventura

MONFALCONE. L’infortunio sul lavoro che mercoledì mattina al cantiere navale di Monfalcone è costato la vita al 19enne Matteo Smoilis ha avuto dei testimoni diretti. È quanto filtra dalla Procura della Repubblica di Gorizia che sull’accaduto ha aperto un’indagine contro ignoti: il reato ipotizzato è omicidio colposo.



Il capo della Procura Massimo Lia e il sostituto Nicola Russo, al quale è stata assegnata l’inchiesta, hanno disposto l’autopsia.

Atto dovuto e opportuno per chiarire nei dettagli la dinamica della tragedia. Tale decisione vanifica ovviamente la possibilità dell’espianto degli organi, ipotesi veicolata nelle ore successive all’incidente.

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Matteo Smoilis era dipendente da circa un anno della ditta Costruzioni manutenzioni impianti srl con sede a Trieste. Impresa che da un ventennio lavora in appalto alla Fincantieri. Impresa considerata affidabile, seria e attenta a tutto quanto attiene alla sicurezza. Il titolare della ditta è il padre di Matteo, Alessandro, mentre il fratello Luca è responsabile della sicurezza. I rapporti aziendali all’interno della famiglia appesantiscono ulteriormente lo strazio per la morte di Matteo che accomuna tutti i componenti.

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Non è la prima volta che le strade del magistrato Nicola Russo e la Fincantieri si incrociano. Ma nella precedente esperienza Russo indossava i panni del giudice del secondo maxi processo amianto. Fincantieri, allo stato attuale, non risulta coinvolta direttamente nelle indagini sull’infortunio mortale, ma è pur sempre l’azienda che dispone gli appalti. E la Cmi è una delle centinaia di aziende dell’appalto Fincantieri.



Altro elemento dell’indagine è il sequestro disposto dalla Procura della Repubblica della parte del bacino in cui è avvenuta la disgrazia.

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Bonaventura Monfalcone-05.05.2018 Inaugurazione Municipio-Monfalcone-foto di Katia Bonaventura


Il bacino del cantiere di Monfalcone, costruito alla fine degli anni Sessanta – per allestire le superpetroliere dirette nella penisola araba funzionali a compiere il periplo dell’Africa dopo la chiusura del Canale di Suez – è un’immensa vasca lunga 350 metri e larga 56 metri, dotato di due gru a cavalletto da 400 tonnellate ciascuna. In questo periodo nel bacino sono posati solo un paio di blocchi della chiglia della prossima Princess. L’infortunio è avvenuto nei pressi dei portelloni che vengono aperti per far entrare il mare e far uscire la nave quando si è conclusa la costruzione del fasciame e prima dell’allestimento.

Matteo Smoilis stava effettuando delle operazioni di manutenzione ordinaria. Proviamo a ricostruire l’incidente sulla base di alcune testimonianze filtrate dallo stretto riserbo che vige tra i cantierini, testimoni - indiretti ma assolutamente attendibili - dell’accaduto.

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La base del bacino è costruita in cemento armato e il suo fondo è a schiena d’asino. Ciò consente il deflusso nelle canalette laterali dell’acqua rimasta quando il bacino viene prosciugato successivamente al “varo” della nave. Le canalette sono profonde circa un metro e larghe mezzo metro.

Per aspirare l’acqua si usano dei tubi in metallo dal diametro di circa quaranta centimetri. Secondo quanto si può ipotizzare, Smoilis stava spostando questi tubi.

Sarebbe prassi consolidata formare una sorta di fascio di tubi, legati assieme. Per sollevare il fascio sarebbe consuetudine passare il cavo d’acciaio sui ganci metallici fissati all’estremità superiore dei pesantissimi blocchi di cemento armato su cui viene appoggiata la chiglia. Ciò consente all’operatore di sollevare con minor fatica il fascio. Effetto verricello si potrebbe dire.

Questi blocchi sono lunghi un paio di metri e larghi una sessantina di centimetri. Abbiamo specificato che il fondo del bacino non è dritto, sicché è fondamentale per la sicurezza che i blocchi di cemento armato siano posizionati nella maniera più stabile possibile per evitare che l’equilibrio della catasta sia precario. Tale avrebbe dovuto essere la situazione del blocco alle cui estremità in acciaio Smoilis ha legato la corda per sollevare i tubi. Ma sarà la magistratura a fare chiarezza.

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