Giorno del Ricordo, l’arrivo di Fini imbarazza la destra
Eterogenesi dei Fini. Gli ex presidenti della Camera dei deputati Gianfranco Fini e Luciano Violante tornano il 10 febbraio sul luogo del delitto (si fa per dire). Sedici anni dopo. Al Teatro Verdi di Trieste (stavolta al Ridotto) va in scena di nuovo il confronto tra destra e sinistra che pose il primo mattone della memoria condivisa alla base dell’istituzione del “Giorno del Ricordo” sulla tragedia dell’esodo e delle foibe. E il remake del 14 marzo 1998 finisce per scatenare le polemiche a destra. L’appuntamento era già il calendario il 22 novembre scorso in occasione della conferenza per i 60 anni dell’Unione degli Istriani. Allora saltò per un impedimento di Violante. Stavolta, proprio nel “Giorno del Ricordo”, dovrebbe andare in scena la rievocazione storica. L’idea è dell’Unione degli istriani. «Ci è sembrato importante ripercorrere il percorso di questi 15 anni che ci regalato il “Giorno del ricordo”» spiega il presidente Massimiliano Lacota, i che si sarebbe aspettato di tutto meno di trovarsi sotto il fuoco amico degli ex “camerati” che preferiscono non ricordare che Fini è stato per lungo tempo il loro leader. «Le anime della destra non le capisco. E lo dico io che ho contestato Fini in piazza sui beni abbandonati. Questa iniziativa non c’entra col discorso politico. È una cosa storica» spiega il presidente dell’Unione degli istriani.
«Mi domando che senso abbia e cosa rappresenti ormai Fini? Francamente una scelta davvero pessima che irriterà molte persone che a quelle celebrazioni ci tengono davvero» attacca su Facebook Claudio Giacomelli approdato a Fratelli d’Italia dopo il dissolvimento del Pdl ma che si è fatto le ossa in An dopo lo svezzamento nel Fronte della Gioventù. I commenti si sprecano. «Non provano vergogna lui e chi l'ha invitato?» «Dovrebbe vergognarsi di venire a Trieste». «Boia chi molla tra di loro e le loro tasche...». «È un uomo senza onore e senza dignità». «Nell’incontro tra compagni di partito Fini rappresenterà i traditori».
«Prossimamente a Trieste...» è la locandina postata dall’ex An e Msi Fulvio Sluga, ora nella fila di Forza Italia, con tanto di pagina di Libero sulla casa di Montecarlo venduta dal cognato per 1,6 milioni di euro. Un post a cui si accoda il consigliere circoscrizionale del Pdl Roberto Dubs: «Affaroni a Montecarlo». «Lasciatelo venire forse ci porta parte del ricavato della vendita dell'appartamento di Montecarlo». Eterogenesi dei Fini, insomma. «Non capisco il senso di un dibattito al Verdi con Fini. È Un dibattito con un signor nessuno, trombato dagli elettori e dalla Storia» dichiara acido Sluga.
A destra non tutti però hanno voltato le spalle all’ex leader. Roberto Menia, con i suoi neonati “Italiani di Trieste”, resta fedele. Pure la “pasionari”a Alessia Rosolen (Un’altra Trieste) non capisce tutta questa acredine nei confronti dell’ex leader. «Chiunque abbia contribuito, nel bene e nel male, alla nascita di una memoria condivisa ha il diritto di rappresentare quella posizione. Gli scismi e le tristezze degli anni successivi non cancellano quella pagina che lui ha contribuito a scrivere. Una pagina importante della destra italiana». Equindi? «Lui rappresenta i nostri successi, oltre la nostra grande sconfitta - spiega Rosolen -. Se non c’era Fini molti di noi avrebbe fatto politica al massimo in consiglio circoscrizionale». È il caso di Dubs. Senza fare nomi.
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