Giorgieri ucciso 25 anni fa Ma i misteri restano aperti
TRIESTE. I suoi assassini o fiancheggiatori dell’omicidio scrivono sui giornali e dirigono musei. Lui, vittima incolpevole degli anni di piombo, giace da venticinque anni in una tomba, pressoché dimenticato. Era il 20 marzo 1987, giusto un quarto di secolo fa, allorché il generale triestino dell’Aeronautica Licio Giorgieri morì crivellato da dieci proiettili calibro 38 perforanti sparati da due terroristi rossi: Maurizio Locusta e Francesco Maietta. Stava tornando a casa con la macchina di servizio quando in via del Fontanile Arenato a Roma i due assassini lo affiancarono in moto e aprirono il fuoco. Solo tre mesi prima aveva segnalato di essere stato il bersaglio di un attentato tentato, ma fallito, nei suoi confronti. Aveva chiesto protezione allo Stato, incredibilmente non gli era stata concessa.
L’attentato è rivendicato dall’Unione dei comunisti combattenti formato da ex militanti delle Brigate rosse e l’obiettivo è stato scelto, si afferma «per le responsabilità da lui esercitate in seguito all’adesione italiana al progetto delle guerre stellari». Chiarisce subito Giovanni Spadolini: «Giorgieri non aveva alcun rapporto diretto con l’iniziativa di difesa strategica». Era però al vertice del Rai, il Registro aeronautico italiano e presumibilmente a conoscenza del segreto del Dc9 dell’Itavia esploso nei cieli di Ustica con 81 passeggeri a bordo il 27 giugno 1980. Secondo alcuni analisti dei tanti misteri italiani della seconda metà del Novecento la sua è una delle quindici morti sospette che quell’aereo ha lasciato nella propria scia. «Un attentato anomalo», lo definirono gli esperti di terrorismo. Gli interessi del terrorismo rosso e quelli di apparati dello Stato, compresi servizi segreti italiani e stranieri, potevano coincidere. Chi poteva difendere Giorgieri, potrebbe aver lasciato fare, come forse è successo per Calabresi e in modo ancora più clamoroso per Moro.
Giorgieri erano nato a Trieste nel 1925, aveva fatto il Petrarca e nel 1949 si era laureato in ingegneria navale e meccanica con il massimo dei voti. Aveva lasciato la sua città l’anno dopo avendo vinto un concorso nel Genio aeronautico e aveva bruciato le tappe della carriera militare divenendo Direttore generale della costruzione delle armi e degli armamenti aeronautici e spaziali, ma aveva anche incarichi universitari a Roma e a Trieste dove alla facoltà di Ingegneria come professore associato teneva il corso in “Razzi e propulsione spaziale”.
Per il suo omicidio, oltre a Maurizio Locusta e Francesco Maietta, sono stati condannati anche Claudia Gioia e Paolo Persichetti che però in questi ultimi anni se la stanno passando piuttosto bene. Claudia Gioia (con condanne a 27 anni) è una delle dirigenti del Museo d’arte contemporanea di Roma (nomina avvenuta quand’era sindaco Walter Veltroni), Paolo Persichetti (condannato a 22 anni e 6 mesi) ha lavorato per mesi come giornalista al quotidiano “Liberazione”, Maurizio Locusta (condanna a 24 anni) fa l’assistente di sala-consultazione alla Fondazione Lelio Basso - Issoco. La moglie del generale, Giorgia Pellegrini, preside in pensione, nel 2002 si è opposta a una richiesta di grazia per Maietta e ha chiesto di incontrare Alberto Torregiani che sta lottando per l’estrazione dal Brasile di un altro terrorista e assassino: Cesare Battisti. Ma soprattutto ha finanziato due borse di studio all’università di Trieste nella speranza di arrivare alla verità sugli anni di piombo.
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