Gioco d’azzardo, Gorizia la più viziosa

La provincia è leader in Friuli Venezia Giulia con 1.300 euro pro capite “bruciati” nelle slot e nelle lotterie istantanee
Anziane davanti alle slot
Anziane davanti alle slot

GORIZIA È una classifica di cui andare assai poco orgogliosi. Gorizia è, di gran lunga, in testa fra le province del Friuli Venezia Giulia per spesa pro capite nei giochi d’azzardo. È la più viziosa.

Negli ultimi dodici mesi i goriziani hanno “bruciato” quasi 180 milioni di euro che equivalgono a una media di 1.294 euro giocati a testa. Ciò a testimoniare che si continua a investire una marea di denaro per sfidare la dea bendata. Inoltre, è comprovato che più la crisi è acuta e maggiormente aumenta il ricorso al gioco d’azzardo. Quasi fosse una scorciatoia verso l’agognato benessere.

 

Malati di gioco, a Gorizia “bruciati” 142 milioni
Una casa da gioco

 

La malattia del gioco

In tempi di crisi e di vacche magre, sono tanti gli isontini (il dato è provinciale) «malati di gioco». A destare le maggiori preoccupazioni è il fatto che molti di loro non identificano il gioco come un problema, se non quando la situazione è ormai compromessa al punto da aver mandato a monte i risparmi e gli affetti di una vita intera.

«Dove c’è più disagio sociale, dove non c’è lavoro, le persone in difficoltà pensano di risolvere in questa maniera, sfidando la sorte, attaccandosi alle slot. C’è un altro aspetto: il gioco è fonte di disgregazione della famiglie», spiega Silvana Romano dal suo osservatorio di assessore comunale al Welfare.

Piene conferme arrivano dall’Aas Bassa Friulana-Isontina. «Più slot ci sono, più aumentano i casi patologici segnalati». Questo vale per Gorizia e per tutto il resto del mondo e pare che ci siano ormai studi precisi in materia. «In Norvegia, anni fa, fecero quello che stiamo facendo noi oggi. Le slot machine proliferavano e ci fu un’impennata di richieste d’aiuto ai servizi sociali. Lo Stato, allora, introdusse una nuova legge con vari provvedimenti, come quello di dotare ogni giocatore di una tessera, dove ai soggetti “a rischio” veniva impedito di giocare oltre a un certo limite. Dopo questa norma i giocatori patologici diminuirono», rimarca il Sert dell’Azienda sanitaria.

I fattori che hanno favorito una crescita così forte sono principalmente due. Il primo è l’innovazione tecnologica che ha permesso la creazione di nuovi prodotti (si pensi ad esempio alle lotterie istantanee); il secondo fattore concerne gli interventi legislativi che hanno interessato il settore.

Caritas e Azienda sanitaria

Di recente, la Caritas diocesana di Udine, a nome di tutte le quattro Caritas diocesane del Friuli Venezia Giulia (compresa Gorizia), ha svolto un’ampia indagine sul fenomeno del gioco di azzardo: una delle cause di impoverimento economico, morale e relazionale di tante persone. La ricerca venne effettuata nei bar con un numero di macchinette uguale o superiore a 6, con l’obiettivo di svolgere l’osservazione in luoghi dove comunque la presenza del gioco d’azzardo è forte. Primi elementi di analisi: nella maggior parte dei casi le macchinette venivano (e vengono) “concentrate” in una zona dedicata, più o meno separata dal resto del locale (stanze dedicate, muro di separazione, estremità del locale). Molti dei bar, inoltre, offrivano (e offrono) altre possibilità di gioco d'azzardo (ricevitorie, gratta&vinci etc.).

Importanti anche i numeri, snocciolati qualche tempo fa, dell’Aas Bassa Friulana Isontina. Alle cure della struttura dell’Azienda sanitaria sono ricorsi, nel 2015, circa 50 pazienti, l’anno precedente 38, nel 2013 invece 35. Cifre che possono sembrare esigue, ma che danno conto di un fenomeno in crescita, confermato da altre ricerche a livello regionale e provinciale, che rivelano anche come il problema non venga affrontato da molte persone che, per vergogna o per pudore, non vogliono intraprendere il percorso terapeutico necessario. Da gennaio ad aprile 2016, invece, erano già 35 le persone che sono ricorsi ai servizi sanitari aziendali. Soltanto nel 10 per cento dei casi, si tratta di disoccupati, mentre il 34% sono donne, la maggior parte delle quali casalinghe.

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