«Gianfranco era fuori dagli schemi Ma capiva i tempi della politica»

«Gambassini era un uomo fuori dagli schemi. Libero e anticonformista. Con un forte senso del bel gesto. Faceva parte del suo carattere e della sua cultura. Attenzione, però, a non farsi fuorviare...
Lasorte Trieste 30/11/15 - Repen, Giulio Camber, Incontro con Sindaci Centrodestra Regione FVG
Lasorte Trieste 30/11/15 - Repen, Giulio Camber, Incontro con Sindaci Centrodestra Regione FVG

«Gambassini era un uomo fuori dagli schemi. Libero e anticonformista. Con un forte senso del bel gesto. Faceva parte del suo carattere e della sua cultura. Attenzione, però, a non farsi fuorviare dagli atteggiamenti esteriori: la sua “impoliticità” era solo apparente, perchè Gianfranco sentiva e capiva la politica, ne avvertiva i mutamenti di tempo e di umore ».

Giulio Camber, regista del centrodestra triestino e leader forzista giuliano, ha voluto prendersi 24 ore in più per raccogliere memorie e riflessioni su un uomo, con il quale ha lavorato, collaborato, litigato. Non gli interessa esprimere un cordoglio scontato, gli preme invece spiegare i motivi di sostanza per cui Gambassini va ricordato, aldilà dell’onore delle armi che di prammatica viene reso in questi casi.

Quattro passaggi fondamentali nella storia della Lista per Trieste lo hanno visto protagonista - scandisce Camber - l’accordo con il Partito socialista; l’apertura ai partiti laici, in particolare ai liberali e ai radicali; il contributo allo sdoganamento politico del Movimento sociale; il placet, meditato e sofferto, all’intesa con Forza Italia». «Non si trattava di decisioni scontate, perchè la politica di una volta presupponeva contenuti ideali e programmatici, sui quali, per così dire, si teneva il punto. Tenere il punto significava mantenere il consenso, interno ed esterno». «Per questo - prosegue il ragionamento camberiano - Gianfranco ebbe coraggio e intelligenza».

«Certo, talvolta le relazioni personali intervengono a giocare un loro ruolo: penso all’amicizia che Gianfranco aveva tessuto con Arduino Agnelli, studioso e politico socialista, altra personalità fuori schema. E ricordo il rapporto cordiale con Marco Pannella, un loro vivace sketch davanti a Montecitorio...». Camber si ferma un attimo: «Eppure, per quanto convintissimo anticomunista, Gambassini dialogava senza pregiudizi e senza problemi con esponenti storici del Pci triestino: Fausto Monfalcon, Paolo Sema, Antonino Cuffaro, Arturo Calabria...».

«Non si creda - dice ancora Camber - che Gambassini fosse un interlocutore agevole nella dialettica interna della LpT. Le sue opinioni spesso collidevano con quelle dei vertici, quando a rappresentarli erano personalità come Manlio Cecovini e Gianni Giuricin». «Ma contrariamente a quanto si può ritenere - ricostruisce la memoria camberiana - Gambassini sapeva essere all’evenienza un buon negoziatore: il governo regionale, nell’era di Adriano Biasutti, lo aveva interlocutore flessibile ma puntiglioso nella tutela degli interessi triestini».

Perchè Gambassini non mollava la presa. Camber rievoca un aneddoto poco conosciuto ma emblematico del personaggio. «Nel 2006 Gianfranco pubblicò un libro autobiografico sulle sue peripezie dopo la guerra (“Una pagina di vita in una pagina di storia”, ed. Settimo Sigillo, ndr). Reduce della Rsi, nella Capitale trovò rifugio nel Seminario romano maggiore in piazza San Giovanni del Laterano, dove rettore era un personaggio di rilievo nella vita ecclesiastica di allora, monsignor Roberto Ronca».

«Gambassini volle presentare il libro in una sala del Senato, invitammo storici come Giuseppe Parlato e Roberto Chiarini, ma lui s’impuntò per inserire anche Giulio Andreotti nel panel del dibattito». «Francamente - ammette Camber - nutrivo qualche perplessità sul fatto che il senatore Andreotti riuscisse a partecipare all’incontro. Ma mi sbagliavo: entrai in sala in anticipo e chi vidi già seduto al tavolo dei relatori? Lui, Andreotti, che aveva letto con attenzione il libro di Gianfranco, libro che gli aveva suggerito alcune riflessioni sulla stagione religiosa e politica vaticana del secondo dopoguerra».

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