Giancarlo Galan: "Vorrei i Beni culturali"
Il governatore veneto, costretto dal Pdl a non ricandidarsi per fare posto al candidato della Lega, Luca Zaia, si prepara a sbarcare a Roma per occupare una poltrona ministeriale
Il governatore veneto Galan
TRIESTE
«Il ministero che mi ispira di più? I Beni culturali». Non sprizza gioia ma, dopo aver combattuto come un leone, accetta il verdetto. Giancarlo Galan, il governatore ”sacrificato” alla Lega, guarda avanti. Ci prova. E, pur non conoscendo ancora la sua ”destinazione finale” al governo, esprime un desiderio. Al contempo, però, fa una promessa: «Vado a Roma per difendere il Veneto e, se lo vuole, il Friuli Venezia Giulia».
Presidente, come trascorrerà il Capodanno?
A casa mia, come tradizione, con un po’ di amici. Io procuro il pesce e il consigliere regionale Tiziano Zigiotto i fuochi d’artificio.
A cosa brinderà?
A un anno comunque bellissimo. Mi ha riservato due emozioni di altissimo livello. La prima: il mio matrimonio.
La seconda?
Provate a indovinare...
È ancora «infelice», come dichiarato al Corriere, per l’epilogo del braccio di ferro con la Lega?
Sì. È inutile che menta.
Chi l’ha trattata più meschinamente sul piano umano?
Tanti.
E chi l’ha trattata meglio?
Gianni Letta è stato straordinario. Ha dimostrato qualcosa che in politica si vede raramente.
Gli amici del Friuli Venezia Giulia come si sono comportati?
I miei amici di sempre, Riccardo Illy e Renzo Tondo, mi sono stati più vicini di quello che mi aspettavo.
Illy l’ha chiamata?
Ci siamo visti alla cena di beneficienza che organizzo sempre in occasione del compleanno di mia moglie: il ricavato va all’associazione di medici ”Un cuore, un mondo”. E Illy non manca mai.
E Tondo?
Generoso, buono, elegante: ha dichiarato di non avermi dato consigli. Non è vero, me li ha dati, e sono quelli che ho seguito.
Si è sentito tradito da Silvio Berlusconi?
Ho una certa dimestichezza con la lingua italiana, anche se qualche fesseria può scappare, e non ho dichiarato a caso che quanto è successo è peggio di un tradimento: è un errore.
Un errore che rischia di modificare, a suo dire, la politica veneta e nazionale. Perché?
In Veneto, in questi quindici anni, è cambiato tutto. Siamo diventati la seconda Regione italiana. Non solo abbiamo realizzato grandissime opere materiali, e non sto nemmeno a elencarle, ma le abbiamo coniugate con grandissime opere immateriali: abbiamo la migliore sanità, le migliori politiche dell’integrazione e del welfare di tutta Italia, pur in presenza di un progresso crescente. Ancora, e lo dico con un pizzico di civetteria, siamo finalmente diventati una potenza mondiale sul piano culturale.
Risultati che, con la Lega, sono a rischio?
Il motivo per cui resto in politica è proprio la salvaguardia di questi risultati che sono innanzitutto di civiltà.
Zaia risponde: «Non stanno calando i barbari».
Mi è molto piaciuto in quella parte dell’intervista. Ma, in attesa dei fatti, la preoccupazione rimane: spero che non prevalga la logica del repulisti e che non si rimuova, oltre al prefetto di Venezia, chiunque non vada a genio. Zaia non ha queste caratteristiche, è stato mio vice per tre anni, e non ha nemmeno impulsi celtici...
La Lega, invece?
Spero di no. Ma la preoccupazione c’è, e per vari motivi: la Lega ha appena espresso la sua contrarietà al tracciato della nuova Romea e ha detto sì al nucleare, purché non arrivi in Veneto.
Grandi opere in pericolo?
Mi auguro che la Lega tolga a me e ai veneti questa preoccupazione. Ma era contro il rigassificatore, il Mose, il Passante... Governare significa, anche etimologicamente, decidere e fare. Non si può sempre inseguire il consenso a tutti i costi.
In ballo non c’è solo il Veneto. L’Udc accusa il Pdl di aver svenduto il Nord alla Lega e il Pd di essersi messo al guinzaglio del Senatur. Condivide?
C’è un po’ di tutto nelle mie preoccupazioni. Ma c’è soprattutto il timore per la ”sindrome di Petain” che colpisce talvolta il mio partito: c’è chi crede, anche tra esponenti nazionali, che si conta di più e si fa più carriera, se ci si consegna alla Lega ancor prima di combattere la battaglia. Sa qual è stata la cosa più avvilente degli ultimi mesi?
Quale?
Mentre io combattevo una battaglia durissima, c’era chi incontrava l’avversario e cercava di trarre un vantaggio: osceno. Se fai così, hai già perso.
Il Pdl ha già perso?
Io ho chiesto un fortissimo impegno dei miei in campagna elettorale.
Teme il sorpasso?
Il problema non è avere tre punti in più o due in meno. È non appaltare la rappresentanza di una Regione con fortissime spinte autonomistiche come il Veneto o addirittura dell’intero Nord a una forza politica che non è detto difenda i valori tradizionali e i risultati di civiltà in cui noi ci riconosciamo.
La secessione potrebbe tornare in auge?
È una preoccupazione che ci può stare. Sia chiaro: l’alleanza tra Berlusconi e Bossi è fuori discussione. Ma quella, e faccio nomi a caso, tra Scajola e Calderoli o tra Frattini e Maroni lo è altrettanto?
Dietro l’angolo, c’è un ministero per lei. Quale?
Non lo so. Mai trattato, non mi interessa.
Quale le piacerebbe?
Rispondo. Ma, a scanso di equivoci, preciso: rispondo come se non ci fosse nessun ministro in carica.
E allora?
L’unico ministero che mi ha sempre ispirato è quello ai Beni culturali: l’Italia è la prima potenza mondiale in campo culturale. Dopo di che, probabilmente, le Infrastrutture sarebbero il ministero che gestirei meglio.
E l’Agricoltura?
Ministero bello e interessante.
Ma dovrebbe occuparsi di mozzarelle...
Quando dico che mi occuperò di mozzarelle, non voglio offendere nessuno. Semplicemente, per quindici anni, mi sono occupato di ponti, Passanti, ospedali, welfare, immigrati, Mose... L’agricoltura è importantissima ma è un settore solo.
A Roma rischia di annoiarsi?
Ci vado innanzitutto a fare politica. A salvaguardare, e possibilmente esportare, il modello realizzato in questi quindici anni. A difendere il Veneto e, se lo desidera, anche il Friuli Venezia Giulia.
Davvero non ha mai parlato di ministeri con il premier?
Gli ho solo detto di non sognarsi di farmi ministro delle Regioni...
Nel 2010 scoppierà la pace tra Berlusconi e Fini?
È scontato che scoppi perché non c’è alternativa. Non credo al bene che trionfa sempre sul male e a quelle storie là, ma credo alla logica: Berlusconi e Fini non possono che stare assieme.
Sempre nel 2010 arriveranno le riforme condivise? Si aprirà il dialogo?
Me lo auguro, ma non lo so. Speravo che il dialogo partisse, lo davo per scontato con Berlusconi e Veltroni, poi hanno tirato fuori Di Pietro.
E adesso? Il nodo principale sembra essere la giustizia.
Non è la giustizia, a mio avviso, ma il fatto che i leader non hanno un grado sufficiente di fiducia reciproca per avviare una stagione diversa.
Come giudica Pierluigi Bersani?
Lo conosco e, al di là della simpatia, ha statura e levatura. Ma è in una condizione molto difficile tra la sinistra distrutta e Di Pietro. Bersani, però, è uno di cui mi fiderei.
Deve rompere con Di Pietro?
Quand’era ministro, non ho avuto pessimi rapporti con Di Pietro. Ma la politica che fa è agghiacciante.
E quella di Pierferdinando Casini?
L’Udc, con me, è stato perfetto. Che devo aggiungere?
Roberto Formigoni, però, lancia ultimatum.
Non pretendo di dare lezioni a Formigoni. È stato più bravo di me. Osservo solo che l’Udc rappresenta quel blocco di valori che ha fatto la storia del Veneto: potrebbe rappresentarlo ancor meglio, ecco.
Grandi manovre al centro. C’è spazio?
No, non c’è. Una delle cose entrate nella testa degli italiani è che è si è di centrodestra o di centrosinistra: il centro non è più un luogo politicamente significativo.
Quali le riforme più urgenti?
Federalismo, giustizia, poteri del presidente della Repubblica e del premier.
Sul federalismo, come si deve andare avanti?
Si deve andare avanti, mi accontenterei di questo.
Da ministro combatterà contro i privilegi delle Regioni speciali?
Sì, è una battaglia di giustizia. Non penso al Friuli Venezia Giulia che ha ben poche competenze. Ma il resto? Privilegi ingiustificati e retaggi storici.
Qual è il bilancio di quindici anni di rapporti con il Friuli Venezia Giulia?
Assolutamente e larghissimamente positivo.
Obiettivi non raggiunti?
Tanti. Penso all’assurdità di quattro aeroporti che si fanno la concorrenza; alle mancate aggregazioni tra le multiutility; alle banche o ai porti. Il Veneto è la seconda Regione italiana ma cosa sarebbe l’Euroregione?
L’Euroregione, con Zaia, è a rischio?
Spero di no.
Renato Brunetta sarà sindaco di Venezia?
Spero di sì.
Per Brunetta, per Venezia o per il governo?
Per lui. E per Venezia. Brunetta, anche se magari sogna troppo, farebbe molto bene il sindaco.
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