Giallo sulle dimissioni di Bandelli
Pronta la lettera, ma il sindaco lo avrebbe convinto a ritirarla
di Piero Rauber
di Piero Rauber
Se n’è salito, come fosse una mattinata normale, al quarto piano dell’Anagrafe di passo Costanzi: il quartier generale del suo assessorato, all’ombra di quel palazzo Cheba dove, non è più mistero, lo stuzzica l’idea di riuscire a piantare la propria bandierina nel 2011. Poi, davanti alla scrivania, Franco Bandelli si è messo a bazzicare tra le carte del progetto del terzo ponte sul canale, tra via Trento e via Cassa di Risparmio. Ma è come se fosse in trincea.
Alla luce del sole ha parlato solo di quello, rinnovando invece un silenzio da vuoto pneumatico sul «grande strappo» con il suo presidente provinciale di partito, An, nonché collega in giunta Dipiazza, nonché vicesindaco: Paris Lippi. Ma i bene informati dicono che nel suo ufficio Bandelli - che lunedì aveva minacciato le dimissioni e non si era fatto vedere, la sera, in Consiglio comunale - non si è affatto scrollato di dosso la rabbia per quel pubblico richiamo a non invadere i campi e la visibilità mediatica degli altri. Anzi.
L’evoluzione delle ultime ore, nel cervello dell’assessore ai Lavori pubblici e ai Grandi eventi, sarebbe quanto di più lontano possa esserci dalla soluzione «tarallucci e vino» evocata un po’ da tutti - Lippi compreso - proprio durante la seduta del Consiglio. Perché l’«amarezza» che Bandelli ripete da giorni di sentirsi scorrere nelle vene è alimentata dallo sconfinamento, inevitabile, nella vita privata, con la chiamata in causa dell’assessore-consigliere regionale Alessia Rosolen in un mosaico del potere di An dove compare, ad incastro, la figurina dello stesso Lippi.
In questo quadro già di per sé complicato, spunta così il giallo delle dimissioni ad orologeria. Già decise, pare, ma non ancora formalizzate. O, forse, addirittura già scritte, spedite all’ufficio protocollo e preannunciate a voce a chi di dovere, Roberto Dipiazza, il quale di rimando avrebbe convinto il suo assessore a congelarle in vista di un faccia a faccia decisivo.
Almeno così sembra perché non arriva neanche mezza conferma. In municipio, d’altronde, incombe la volata del bilancio di previsione 2009, votato la scorsa settimana dalla giunta e da far licenziare tassativamente al Consiglio non oltre il 20 febbraio. Qualora le cose stessero esattamente così, alcuni a palazzo leggono la mossa di Bandelli come un ambizioso rilancio per incassare dal sindaco, in caso di rigetto formale delle dimissioni da un incarico fiduciario, un’eventuale «riabilitazione» politica sotto il cappello della Lista civica Dipiazza, visto che la sua decennale militanza in An (prima tessera nel ’99, ndr) sembra al capolinea.
E a quel punto potrebbe arrivargli addirittura la legittimazione morale al ruolo, ambitissimo nella classe dirigente del centrodestra, di «delfino» del primo cittadino uscente in vista delle amministrative 2011. Uno scenario, forse, da fantapolitica.
Anche perché - lo stesso Dipiazza lo aveva sugggerito sotto Natale - a scegliere il suo successore saranno «con lo stesso peso» sia lui che i big dei due partiti prossimi alla fusione nel Pdl: Giulio Camber per Fi e Roberto Menia per An. Il quale però, seccato oggi per non aver potuto lavare i panni sporchi in casa, difficilmente un domani sposerebbe un’ipotesi chiamata Bandelli.
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