Getta 60 metri di rete da pesca nella Cavana: multa di 648 euro, violata pure la zona rossa

L’uomo, scoperto dalla Forestale nello specchio acqueo protetto Risorgive di Schiavetti, non aveva neanche la licenza 
Laura Borsani
Bonaventura Monfalcone-14.04.2021 Zona Risorgive di Schiavetti-Brancolo-Monfalcone-foto di Katia Bonaventura
Bonaventura Monfalcone-14.04.2021 Zona Risorgive di Schiavetti-Brancolo-Monfalcone-foto di Katia Bonaventura

MONFALCONE. Ha scelto lo specchio acqueo denominato “Risorgive di Schiavetti” per lanciare la sua rete che avrebbe potuto intrappolare qualsiasi specie ittica. E che rete da pesca, lunga oltre 60 metri, un’attrezzatura utilizzabile esclusivamente da pescatori professionisti. Certamente non opportuna in acque interne, per giunta dall’ecosistema delicato. Si tratta infatti della Cavana di Monfalcone, zona umida battezzata con il nome dall’omonimo fiume di risorgiva che sfocia nel Golfo di Panzano.

Un’area di notevole pregio naturalistico sulla quale è istituito il Biotopo, rientrante nella Rete Natura 2000 delle Aree Protette comunitarie, in quanto Zona Speciale di Conservazione (Z.S.C.). L’illecito è stato aggravato dall’assenza della necessaria licenza. S’è affiancata un’ulteriore violazione, quella di aver raggiunto la Cavana in regime di zona rossa, uscito da casa senza valido motivo. Insomma, l’improvvida mattinata di pesca è costata una sanzione amministrativa complessiva di 648 euro, rispettivamente 275 euro per l’attività abusiva e 373 euro per l’inosservanza della normativa anti-Covid 19.

L’incontro con gli agenti della Forestale sicuramente sarà un ricordo da non dimenticare, per l’uomo, residente nel mandamento monfalconese, che la scorsa settimana pensava di assicurarsi un discreto pescato con la rete non selettiva, in grado di catturare di tutto. La pattuglia ha recuperato una decina tra salpe e cefali. Ancora vivi e subito liberati, riconsegnati al loro habitat. Un ambiente speciale, la Cavana. Le Risorgive di Schiavetti sono situate lungo il lato sinistro del canale del Brancolo. Luogo all’insegna del Biotopo, ossia un’area di limitata dimensione con caratteristiche peculiari, non facilmente riproducibili altrove. Un ambiente naturale esterno al contesto urbano e al di fuori della viabilità ordinaria.

Una sorta di “isola” che è necessario conoscere per poterla raggiungere. Evidentemente ideale per il pescatore in questione, al riparo da sguardi indiscreti, soprattutto quando si maneggia una rete lunga oltre 60 metri. Ma l’uomo non ha fatto i conti con il fatto che la Forestale si spinge spesso nelle aree più nascoste e incontaminate. Tanto che i due agenti, durante il consueto servizio di controllo, se lo sono trovato davanti mentre stava tranquillamente pescando. L’evidenza immediata è stata l’attrezzatura, esclusivo appannaggio dei pescatori professionisti.

Per l’area naturalistica protetta rappresenta un “affronto” allo specifico ecosistema, la metafora rimanda all’effetto di un elefante in una cristalleria. La rete è vietata nelle acque interne, che possono ospitare semmai la pratica della pesca sportiva, a fronte di prescritta licenza rilasciata dall’Ente Tutela Patrimonio Ittico (Etpi) del Friuli Venezia Giulia. Licenza che l’uomo non possedeva. In questo senso, quindi, la violazione fa riferimento alle acque interne e la mancata autorizzazione alla pesca sportiva ha pertanto aggravato l’attività illecita per l’uomo. La licenza è fondamentale ai fini della conoscenza della normativa in materia e della stessa sicurezza sanitaria.

I forestali hanno sequestrato il pescato che, ancora vivo, è stato immediatamente liberato. Per la rete il sequestro eseguito è preventivo, poiché la confisca è facoltativa. Al momento la rete è custodita negli uffici della Forestale, spetterà all’Ente Tutela Patrimonio Ittico stabilirne la distruzione oppure la restituzione. Intanto la sanzione di 275 euro. Aumentata dalla violazione della normativa anti-Covid, altri 373 euro, a pagamento entro 5 giorni, che salgono a 533 euro se il versamento viene effettuato entro 60 giorni.

Il Biotopo, in base alla legge regionale 42 del 1996, costituisce l’area con minore grado di tutela, consentendo l’attività di pesca e di caccia, circoscritte da precisi criteri normativi. Nel caso della Cavana, pertanto, l’attività di pesca sportiva ha le carte in regola per essere praticata. Il Corpo forestale regionale è costantemente presente sul territorio, non solo in ambienti boschivi carsici o di pianura, ma anche in ambienti fluviali e lagunari, oltreché in zone e aree naturali solitamente poco frequentate, ma di alto valore naturalistico. L’attività di controllo e di vigilanza negli ambienti lagunari e nelle acque interne in prossimità della costa è stata intensificata e resa più efficace anche grazie al recente ammodernamento dei natanti.—


 

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