«Gestione pubblico-privata per il Parco di Miramare»
Dalle terrazze del castello di Miramare, Carlo d’Asburgo Lorena guarda alla città immersa nella luce del tramonto. Una città che ha significato molto per la storia della sua famiglia e al cui futuro vorrebbe partecipare, mettendo a disposizione il suo impegno e i suoi contatti di respiro europeo. Il capo della Casa d’Asburgo ha concluso nel castello che fu di Massimiliano, l’altro pomeriggio, la prima giornata della sua visita a Trieste.
È entrato nel parco, ha osservato lo scempio del Giardino italiano invaso dalle erbacce, fermandosi anche a leggere un cartello illustrativo sradicato e poggiato a una siepe. Ha poi proseguito fino al Belvedere per tornare al castello. La sua ultima visita risaliva a molti anni prima, quando il gioiello della cultura del Friuli Venezia Giulia ancora non era ridotto in questo stato.
Arciduca, cosa pensa del degrado di Miramare?
Non ci sono parole. Purtroppo è una situazione che si commenta da sé.
Secondo lei come si potrebbe rimediare? Qualcuno qui a Trieste ha addirittura proposto di donare il parco all’Austria.
Devo dire che da diversi anni non visitavo il castello e il parco. Ma se un sito è uno dei dieci più importanti a livello nazionale, allora è il Paese tutto che dovrebbe prendersene cura. Bisogna aggiungere però che Miramare ha un’importanza che va ben oltre l’area geografica in cui sorge: si potrebbe pensare a un progetto che coinvolga anche i paesi vicini nella gestione del sito.
Come vengono gestiti i siti culturali in Austria?
In Austria ci sono esempi di gestione mista pubblica e privata che funzionano molto bene. Al castello di Schönbrunn l’amministrazione è privata ed è efficace anche dal punto di vista dei profitti.
Parlando di partecipazione privata, perché non gli Asburgo?
È una domanda a cui non posso rispondere, non conoscendo i dettagli della gestione di Miramare. Certo, è un luogo che ha un forte legame con la mia famiglia e resterà importante per noi. Ma non posso creare illusioni.
Da anni a Trieste si discute di sviluppo, di portualità. Su cosa dovrebbe puntare la città?
Se avessi una soluzione a questi problemi ormai avrei un posto assicurato nel Comune di Trieste! Non ho una ricetta, però penso che l’obiettivo sia lo sviluppo attraverso la collaborazione a livello macroregionale. Penso non soltanto all’Austria ma anche alla Baviera. Quello che sto dicendo non è una novità, ma in un momento di crisi le possibilità di collaborazione aumentano. Quello che mi spaventa è la possibilità che quest’area diventi una regione-museo.
Cosa pensa della questione di Porto Vecchio?
Quanto detto vale anche per Porto Vecchio: esistono dei musei meravigliosi, ma in un certo senso il museo è anche una sorta di cimitero. È importante rispettare le tradizioni ma anche mantenere l’attenzione sull’innovazione. A Trieste in passato sono state avviate tante iniziative legate alle tecnologie avanzate ma non hanno avuto il successo sperato. Niente però può cambiare la sua posizione centrale e il ruolo storico della città: Trieste resta un punto cruciale per tutta l’area. Nei limiti delle mie possibilità mi piacerebbe contribuire al futuro di Trieste, aiutando a rafforzare i legami europei ad esempio nel settore culturale.
Il sindaco punta a candidare Trieste a Capitale europea della cultura nel 2019. Gorizia ha aderito e propone di allargare l’iniziativa a una dimensione transfrontaliera.
Non conosco i particolari ma mi pare un’ottima idea. In fondo iniziative di questo tipo vengono ormai prese d’abitudine a livello sportivo, ad esempio quando paesi diversi organizzano assieme campionati sportivi. Un modello simile potrebbe venire applicato anche alla Capitale europea della cultura.
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