Gentiloni: «Regeni, serve collaborazione seria»
GORIZIA. Nel giorno in cui il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni torna a chiedere verità, «chi conosce i servizi egiziani sa che sono stati giorni terribili per Giulio Regeni». Dice così, da Gorizia dove si trova per presentare il suo libro “Servizi e segreti. Introduzione allo studio dell'Intelligence”, il generale Mario Mori. Mori (che oggi sarà a Trieste) ha analizzato con l’occhio dell’esperto il caso del ricercatore di Fiumicello scomparso al Cairo il 25 gennaio e ritrovato cadavere il 3 febbraio, sul corpo i segni di indicibili torture. E ha invitato a spostare lo sguardo in direzione opposta a quella del Cairo. «Regeni è giunto in Egitto perché mandato dall’Università di Cambridge. La professoressa che lo ha inviato non poteva ignorare la crisi del Paese e, quindi, i rischi che correva. I casi quindi sono due: o la professoressa è una cretina integrale che dovrebbe essere cacciata, oppure una vocina le ha detto di fare quello che ha fatto. Mandare in giro per il mondo giovani menti brillanti come era Regeni permette ai servizi di portare a casa notizie a costo zero. Dovremmo intervistare la professoressa, così forse ne sapremmo in più».
Il fondatore del Raggruppamento operativo speciale dei Carabinieri (Ros), già direttore del Sisde dal 2001 al 2006, ha sottolineato: «L’Egitto è in una crisi politica gravissima. Da una parte ci sono i generali, dall’altra c’è la fazione integralista dei Fratelli Musulmani. Alle riunioni cui partecipava Regeni, su 70/80 persone presenti, almeno 10 appartenevano ai servizi. Erano lì per sapere di cosa si parlava. Lo avranno notato subito: era un occidentale, un cristiano e per i più integralisti probabilmente anche un crociato. Hanno pensato che fosse lì per riferire cosa succedeva e hanno cercato di carpirgli notizie che non poteva dare perché non poteva sapere. Normalmente, sarebbe stato portato nel deserto e abbandonato lì. Invece è stato fatto ritrovare perché così poteva mettere in crisi il gruppo di riferimento del presidente Al-Sisi».
Intanto, dopo tre mesi di nulla, l'Italia vuole forzare lo stallo. Il ministro Paolo Gentiloni ha chiesto ancora una volta all'Egitto una «collaborazione seria», e ha reso noto che sono ripresi i contatti tra gli inquirenti dei due Paesi, mentre i pm romani hanno avviato una nuova rogatoria internazionale per chiedere al Cairo gli atti che possano contribuire ad accertare la verità. Gentiloni ha fatto il punto sulla vicenda che ha provocato il richiamo in Italia del nostro ambasciatore al Cairo Maurizio Massari, ancora a Roma dopo 20 giorni.
«Purtroppo la nostra pressione, la nostra ricerca di verità non ha avuto risposte soddisfacenti», ha ricordato il titolare della Farnesina, avvertendo che «il ritorno alla normalità delle relazioni» bilaterali «dipende da una collaborazione seria». Perché l'Egitto finora ha rimescolato le acque in ogni modo possibile e lo ha fatto senza fornire elementi concreti di indagine, forse per prendere tempo. L'Italia non abbassa la guardia: si sbaglia chi «immaginava che il trascorrere del tempo avrebbe un po’ diminuito l'attenzione dell'Italia e costretto tutti a rassegnarci a un ritorno alla normalità della relazioni», ha detto Gentiloni, ricordando che il richiamo per consultazioni dell'ambasciatore, l'8 aprile scorso, fallito il vertice tra inquirenti, è stato «un gesto molto forte nei rapporti tra Stati», e l'Italia «continua a esercitare in tante forme la pressione diplomatica». Ma «non sarà facile».
Intanto quella del Primo maggio sarà una giornata nel nome di Giulio, in Fvg e non solo. Cgil Cisl e Uil di Udine intitoleranno a Regeni la manifestazione di Cervignano. Ma anche i cortei delle altre province, da Trieste a Pordenone, vedranno striscioni dedicati al ricercatore e alla richiesta di verità. Un appello per chiedere giustizia sarà rivolto dal concertone di Taranto, da Amnesty International Italia. E l’8 maggio Bicincittà, manifestazione organizzata dalla Uisp, sarà anch’essa dedicata a Giulio.
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