Generali, volti distesi. Bollorè vota i conti
Galateri: “Qui spirito di corpo come alla Fiat”. Approvato il bilancio 2010. Sì alla riduzione a 17 dei membri del cda. I fondi stranieri critici sulla liquidazione da 16,6 milioni per Geronzi
TRIESTE «Le Generali hanno uno spirito di corpo che ho visto solo ai tempi della Fiat, quando ero ancora un ragazzino». La turbolenta stagione di Geronzi si è proprio chiusa alle Generali. Il nuovo presidente Gabriele Galateri di Genola ha impresso il suo stile all'assemblea della riconciliazione che in un lampo ha chiuso il sipario anche sull'irruento vicepresidente Bollorè: il finanziere bretone, dopo essersi astenuto in cda sul bilancio 2010, ieri in assemblea ha votato a favore inneggiando persino alla ritrovata concordia. L'ex presidente Geronzi se ne è andato -si è appreso in assemblea- con una ricca buonuscita da 16,6 milioni, criticata da un nutrito gruppo di fondi stranieri (e non solo) che hanno espresso il proprio malumore votando contro due punti all'ordine del giorno riguardanti le politiche retributive della compagnia. In questo clima è arrivato il voto favorevole al bilancio da parte del finanziere bretone Vincent Bollorè che nel cda si era invece astenuto.
Dopo avere dato via libera ai conti 2010 della compagnia, l'assemblea ha poi approvato la proposta di Mediobanca, primo azionista della società che ha assecondato e voluto la svolta a Trieste, di ridurre il numero di componenti del consiglio di amministrazione a 17 membri, senza quindi sostituire Ana Botin, la potente figlia di Emilio Botin (Santander) che si è dimessa dal board a inizio aprile, prima che scoppiasse la furiosa battaglia di primavera. Il cda di 19 membri nominato lo scorso anno era già sceso a 18 con le dimissioni a marzo di Leonardo Del Vecchio, di cui pure si era decisa la non sostituzione. «In Generali c'è concordia» ha detto un sorridente Bollorè.
L'arcinemico Diego Della Valle, che nei mesi scorsi aveva avuto una dura polemica con Geronzi e il finanziere francese, ieri è apparso molto soddisfatto: «Alle Generali abbiamo ritrovato la pace. Bollorè? Non c'è mai stato nulla di personale» ha detto il signor Tod's. Un clima reso più agevole dal fronte compatto dei soci industriali: la finanza del Nordest racchiusa in Palladio (Ferak-Effeti) si è presentata in assemblea con una quota del 6,3% del capitale avendo ottenuto la delega dalla Delfin di Leonardo Del Vecchio (2,2%) e quote minori della Cassa del notariato. Il presidente del colosso triestino, Gabriele Galateri di Genola, dopo sette anni come vicepresidente, torna così a Trieste e assicura che lavorerà per «contribuire alla stabilità, all'armonia e all'equilibrio nel pieno rispetto dei ruoli».
Non sono mancati gli apprezzamenti per il management: «Le Generali meritano di poter operare in armonia, concentrandosi sul proprio mestiere di assicuratore e investitore istituzionale». Perissinotto è sempre più rafforzato nel suo ruolo di Ceo con pieni poteri anche sulle deleghe: nonostante le «esternazioni» di Geronzi «non abbiamo mai deviato dal piano industriale», ha precisato. Il Ceo ha spiegato i motivi della contestata super-liquidazione a Geronzi. Il banchiere di Marino «aveva un mandato triennale» e pertanto se «si fosse giunti in modo conflittuale alla risoluzione del rapporto le conseguenze anche solo in termini economici avrebbero potuto essere ben più onerose per la compagnia».
Il Leone, in sostanza, si è tutelato «in un momento non facile della vita della compagnia, gli interessi della società e dei suoi azionisti». Il ceo ha poi smentito che al prossimo cda delle Generali ci sarà una revisione degli accordi con Petr Kellner (ancora una volta non avvistato a Trieste) che regolano la jont venture Ppf, al centro delle esternazioni critiche di Bollorè che sono poi finite in un dossier della Consob: «Gli accordi sono validi fino al 2014» e sta maturando la convinzione che l'alleanza funziona bene con la struttura attuale che vede le Generali al 51%. «Siamo molto contenti della partnership - ha detto Perissinotto - che ci ha consentito di passare nell'est Europa da un utile netto di 48 milioni a 500 milioni di cui 250 di competenza Generali».
Balbinot invece ha sottolineato che «in Ppf abbiamo il 51% senza aver pagato alcun premio di maggioranza a differenza di altri operatori». Per le Generali un investimento da 1,1 miliardi di euro che «sta garantendo un ritorno del 20%». Infine il capitolo partecipazioni. Perissinotto ha ricordato che le quote in società quotate non sono più «strategiche» ma solo investimenti finanziari. Un cambio di rotta deciso rispetto alla «presidenza di sistema» geronziana che impostava sul fitto reticolo di partecipazioni strategiche del Leone il proprio ruolo nella Galassia concepito come contraltare a Mediobanca.
Le Generali quindi valuteranno se partecipare all'aumento di capitale di Intesa Sanpaolo mentre progressivamente usciranno dalla tedesca Commerzbank. E su Rcs, che in un cda Della Valle ne aveva chiesto la cessione, Perissinotto ha precisato che è un investimento modesto, appena 22 milioni. I tempi? «Oggi non è un gran momento per vendere».
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