Generali, la battaglia finisce in Procura: aperta un’inchiesta
L’iniziativa dei pm di Milano dopo l’esposto del cda. Manipolazione del mercato e diffamazione i reati ipotizzati a seguito delle interviste di Caltagirone e Cirinà
TRIESTE La battaglia per il controllo di Generali ora finisce in procura. Dopo l’esposto presentato dal consiglio d’amministrazione del Leone, infatti, i pm Stefano Civardi e Francesca Celle hanno aperto un fascicolo d’indagine in cui sono ipotizzate le accuse di diffamazione e manipolazione del mercato.
Al momento nessun nome è stato iscritto nel registro degli indagati. Ma la segnalazione alle autorità giudiziarie, che il cda aveva deliberato lo scorso 13 aprile, mette in fila tutte le puntate di quella che il vecchio consiglio ha bollato come «campagna mediatica» portata avanti per «delegittimare» il board, soprattutto a ridosso della votazione dello scorso 29 aprile.
Nello specifico, la denuncia che ha dato spunto alle indagini punta il dito contro l’intervista che l’ex responsabile dell’Austria e del centro est Europa del Leone, Luciano Cirinà, ha rilasciato lo stesso 13 aprile alla Stampa, e contro quella dell’ingegner Francesco Gaetano Caltagirone, pubblicata il 25 marzo dal Sole 24 Ore.
«A fronte della gravità delle violazioni degli obblighi di correttezza nell’informativa posti a tutela degli azionisti, degli investitori e del mercato, che minacciano di alterare le dinamiche di mercato e la corretta determinazione del voto in assemblea», dopo essersi rivolto alla Consob, il cda ha deciso di «procedere davanti alle autorità giudiziarie perché siano sanzionati i comportamenti da chiunque illecitamente tenuti».
Così, nell’esposto arrivato sulla scrivania del procuratore aggiunto Maurizio Romanelli, a capo del pool Anticorruzione della procura di Milano, vengono evidenziati tutti i passaggi delle interviste rilasciate anche in vista dell’assemblea degli azionisti che avrebbero «travalicato» i limiti del consentito, nella «battaglia elettorale» per la conquista della maggioranza, arrivando a far passare l’amministratore delegato Philippe Donnet come un manager eterodiretto.
Tra le dichiarazioni segnalate ci sono quelle dell’ingegner Caltagirone, che ha descritto il cda uscente di Generali come «espressione di Mediobanca che quindi sta cercando di perpetuare la propria influenza travestendola da lista del board». Per poi rimarcare: «La lista del consiglio è rappresentativa solo di una certa parte dell’azionariato, cioè di Mediobanca». Che è stata nella stessa occasione tirata in ballo per le «molte» operazioni effettuate con Trieste e che «non vengono controllate dal comitato parti correlate». Aggiungendo che «occorre evitare che i conflitti di interesse pesino sulle scelte di voto in assemblea».
Dichiarazioni ritenute diffamatorie dal vecchio board, che ha chiesto ai pm di accertare se e in che modo siano riuscite a condizionare il mercato, in un momento così delicato per la società triestina.
C’è poi la parte relativa alle esternazioni contenute nell’unica intervista rilasciata da Cirinà come candidato amministratore delegato del Leone. L’ex importante manager della compagnia assicurativa, commentando ad esempio la presa di posizione dei consulenti dei fondi (i cosiddetti «proxy advisor») che avevano suggerito di votare a favore di Donnet, parlò di una sorta di equivoco: «Hanno creduto di avere davanti la lista del consiglio, ma hanno preso una gigantesca cantonata: quella è la lista di Mediobanca. Si sono bevuti l’altra versione. Questo è il vero punto». Sempre nel corso dell’intervista Cirinà aveva spiegato la sua situazione professionale con il Leone da cui è stato licenziato dopo una prima sospensione, spiegando «i passi» allo studio dei suoi legali per contrastare tale decisione e annunciando pure «un’azione per danno reputazionale di rilievo non indifferente».
Ora le carte si potrebbero nuovamente mischiare, al punto che proprio Cirinà – nel caso Claudio Costamagna dovesse rinunciare – potrebbe subentrare in consiglio a Caltagirone, che ha deciso di fare un passo indietro. Una fonte di possibili tensioni per il Leone. Cirinà del resto ha già accusato Donnet anche di scarsa apertura al dialogo. «In Generali – ha detto – non c’è una grande cultura della discussione. Anzi: è abbastanza limitata».
Adesso i due potrebbero presto ritrovarsi faccia a faccia. In un clima che potrebbe essere influenzato anche dai nuovi sviluppi che seguono alla denuncia presentata dal board contro il secondo maggior azionista (oggi al 9,95%) e la sua compagine di candidati, finita in minoranza. L’indagine della procura milanese, che dopo l’esposto è un atto dovuto, sta muovendo i primi passi e gli inquirenti nei giorni scorsi hanno ricevuto i rappresentati della Consob per conoscere le loro valutazioni su quanto è accaduto. —
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