Generali, indagati Perissinotto e Agrusti

La Procura di Trieste ipotizza il reato di ostacolo all’attività di Consob e Ivass. Spariti i dossier di sette operazioni
Di Corrado Barbacini

TRIESTE. Caso Generali, la Procura di Trieste alza il tiro. L’accusa ipotizzata si concretizza in due avvisi di garanzia recapitati tre settimane fa a Giovanni Perissinotto e Raffaele Agrusti. Per l’ex amministratore delegato e per l’ex direttore generale del Leone, nel decennio che ha preceduto l’insediamento di Mario Greco, la contestazione è di “ostacolo all’esercizio delle autorità pubbliche di vigilanza”. Così prevede l’articolo 2638 del Codice civile.

In pratica la contestazione nei confronti di Perissinotto e Agrusti è di non aver fornito sufficienti spiegazioni e chiarimenti su sette operazioni finanziarie ritenute irrispettose dei vincoli di governance per inosservanza delle procedure o per mancanza di comunicazioni al cda. Operazioni che avevano come interlocutori Palladio (Meneguzzo), Finint (Marchi e De Vido) e Valbruna, soci di Generali tramite i veicoli Ferak e Effeti, ma anche notoriamente in rapporti stretti con gli ex manager di Generali. In particolare si tratta di un investimento tra il 2000 e il 2002 per 52 milioni di Capital Appreciation; nel 2003 impieghi per 70 milioni verso Cartooner Enterprises; il finanziamento di una società Finint nel 2007 per 40 milioni; gli investimenti nell'offshore World global opportunities di 180 milioni in bond attraverso la finanziaria Allbest per l’acquisto di quasi il 3 per cento dell’Ilva. E poi ancora il coinvolgimento di Generali attraverso Wgo nell’operazione con cui il colosso bancario britannico Hsbc aveva sottoscritto nel 2007 il 49 per cento della finanziaria di controllo del gruppo Palladio Finanziaria. Infine i 150 milioni finiti nel fondo Vei e 50 milioni relativi a un bond Finint.

Su queste operazioni hanno puntato l’attenzione Ivass e Consob che - dopo una segnalazione giunta da Generali - hanno parallelamente coinvolto la Procura di Trieste. È successo ai primi di dicembre dello scorso anno. E ora in meno di tre mesi di indagini, accertamenti assolutamente riservati e interrogatori da parte dei pm Federico Frezza e Matteo Tripani, il quadro complessivo della vicenda ha lentamente cominciato a definirsi. Fino alla definizione dell’ipotesi d’accusa di ostacolo all’esercizio delle autorità pubbliche di vigilanza. Un’accusa che - bisogna rilevare - al momento non è stata formalizzata in specifici atti d’indagine. E che riguardo alla quale l’avvocato Giovanni Borgna, difensore di Perissinotto, si trincera dietro a un comprensibile “no comment”. L’unica cosa certa è che i legali si stanno occupando attivamente della questione e, stando ai bene informati, dopo i primi rumors giudiziari, si sono susseguite varie riunioni alle quali ha evidentemente sempre partecipato il protagonista dell’affare: Giovanni Perissinotto. Questo per definire una strategia difensiva adeguata in occasione di quella che è stata a definita una sorta bufera giudiziaria senza precedenti in Generali. Quanto a Agrusti, rileva che tutte le vicende oggetto di contestazione sono antecedenti alla sua nomina a “chief financial officer”, avvenuta nel 2007, e dunque senza alcuna sua responsabilità diretta. Agrusti starebbe anzi valutando l’opportunità di denunciare per danni reputazionali la compagnia in cui ha speso 30 anni.

Nelle ultime settimane i pm Frezza e Tripani hanno discretamente interrogato come persone informate sui fatti molti dei protagonisti del caso Generali, come l’attuale ad Mario Greco. Ma in tribunale, come persone informate sui fatti, sono transitati anche Enrico Marchi e Andrea De Vido. E proprio dopo questi interrogatori ha preso corpo l’ipotesi di reato. Anche perché - particolare di non poco conto - nel corso delle indagini è emerso che i dossier sulle sette operazioni indicate dalla Consob e dall’Ivass sarebbero spariti dagli archivi della compagnia del Leone. Le ricerche si sono estese a tutti gli archivi. In questo senso è emerso che in procura sono stati interrogati in proposito alcuni funzionari di Generali. Ma nessuno ha saputo spiegare il mistero dei dossier scomparsi. E sarà da vedere ai portoni di quante prestigiose istituzioni finanziarie Frezza e Tripani busseranno per procurare le carte mancanti.

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