Generali, il 19/2 il punto sull’azione di responsabilità contro Perissinotto e Agrusti

Il 19 febbraio si riunirà il consiglio di amministrazione delle Generali, il primo del 2014. La riunione, ordinaria, è già a calendario, ma l'agenda non è ancora stata fissata. Potrebbe però essere quella l'occasione in cui il Cda del gruppo si pronuncerà sull'azione di responsabilità nei confronti degli ex vertici, Giovanni Perissinotto e Raffaele Agrusti, come chiesto dall'Ivass.
L'appuntamento sarà preceduto a inizio mese dalle riunioni del comitato Controllo e rischi presieduto da Alberta Figari e del comitato per le Remunerazioni presieduto da Paolo Scaroni. Una riunione del comitato Nomine e corporate governance (presiede il presidente Gabriele Galateri di Genola) dovrebbe tenersi invece il 18, alla vigilia del board.
Nei mesi scorsi gli approfondimenti interni avviati dalle Generali hanno fatto emergere irregolarità sul piano della governance interna in alcuni investimenti in private equity e fondi alternativi, decisi o gestiti direttamente da Perissinotto e Agrusti. Sui fatti è stata esclusa presto una rilevanza penale, ma Generali ha deciso anche di non procedere con azioni risarcitorie parlando tra l'altro della difficoltà a provare le responsabilità e comunque di investimenti non ancora giunti a scadenza. La compagnia ha comunque concordato con Agrusti la sua uscita dal gruppo per un compenso complessivo di 6,1 milioni.
Agli inizi di novembre si è appreso però che l'Ivass ha chiesto a Generali che il comitato Controllo e rischi esprima una nuova valutazione sui fatti e la sottoponga al Cda, che dovrà a sua volta pronunciarsi di nuovo sull'azione di responsabilità. L'autorità ha chiesto poi che il consiglio, sentito il parere del comitato Remunerazione, si esprima sull'adeguatezza dei trattamenti di fine rapporto di Agrusti e Perissinotto considerando anche l'ipotesi di chiederne la restituzione in base alle clausole di claw-back (quelle previste in caso di risultati non durevoli dovuti a condotta dolosa o gravemente colposa). Su tutto, infine, dovrà pronunciarsi di nuovo anche il collegio sindacale.
Il tema degli investimenti alternativi in Generali è emerso internamente dopo l'arrivo di Mario Greco al vertice e le prime indiscrezioni di stampa son filtrate a dicembre 2012. Non è però ben chiaro quale sia la reale portata - o gravità - di tutta la vicenda e le prossime settimane dovrebbero servire proprio a mettere un punto fermo. La società ha iscritto a bilancio su quegli investimenti 234 milioni di perdite.
Secondo un'analisi interna condotta da Kpmg, e di cui ha riferito il Sole 24 Ore, le sette operazioni controverse avrebbero però un valore per 660 milioni. Ma per un termine di paragone va considerato anche che Generali ha investimenti per ben 500 miliardi. Il punto è che i sette investimenti, a seconda dei casi, o erano stati decisi senza le necessarie deleghe, o senza perizie o strumenti di monitoraggio e di protezione. Ma la cosa forse più stigmatizzata è che le sette operazioni siano tutte accomunate dal fatto di essere collegabili alla merchant bank Finint di Enrico Marchi e Andrea De Vido, a Palladio Finanziaria di Roberto Meneguzzo e al gruppo Valbruna della famiglia Amenduni, ovvero ai soci veneti di Generali (tramite Ferak ed Effeti).
Oltre a Ivass sulla vicenda è intervenuta da tempo anche Consob e le due autorità hanno fatto una segnalazione alla Procura. Nell'ambito dell'indagine a fine dicembre il procuratore capo di Trieste facente funzioni Federico Frezza, ha riferito Il Piccolo, ha sentito Enrico Marchi e Andrea De Vido di Finint come persone informate dei fatti. Non risultava ci fossero indagati. (Ansa)
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