Generali finanzia il “rivale” di Stamina

Sostegno alla sperimentazione della terapia a base di cellule staminali per la cura della Sla avviata a San Giovanni Rotondo
Di Giovanni Tomasin
Una ricercatrice al lavoro sulle staminali, in una foto d'archivio. PERI/ANSA/PAT
Una ricercatrice al lavoro sulle staminali, in una foto d'archivio. PERI/ANSA/PAT

TRIESTE. Gli echi del caso Stamina rimbalzano ancora una volta a Trieste. Se fino a ora la città era nota per aver ospitato alcune sperimentazioni al Burlo Garofolo e per il ruolo di numero due del medico Marino Andolina nella discussa fondazione, ora si apre un fronte di carattere differente: il gruppo Generali ha annunciato ieri l’intenzione di dare sostegno alla sperimentazione della terapia a base di cellule staminali per la cura della Sla avviata a San Giovanni Rotondo. Un impegno che il gruppo triestino porterà avanti per almeno tre anni, e di cui non è ancora stato specificata l’entità economica.

Il progetto Il coordinatore del progetto è Angelo Vescovi, direttore scientifico dell’Irccs Casa Sollievo della Sofferenza di San Pio, con il supporto della onlus Revert. La terapia sviluppata da Vescovi a partire dal 1996 è attualmente nella prima fase della sperimentazione, quella che serve a stabilire la sicurezza del protocollo. Come detto, la partnership durerà fino al 2017 e comporterà per Generali un investimento economico per il momento ancora segreto. Durante questo periodo i test potrebbero venire estesi anche ad altre malattie neurodegenerative. Al momento è in corso la seconda parte del test, che dovrebbe concludersi entro l’anno. La ricerca viene svolta secondo la normativa internazionale vigente, in accordo alle regole Ema - “European medicine agency” e con cellule prodotte in stretto regime di sicurezza, con certificazione Aifa.

Le prospettive La decisione di Generali è una vera e propria boccata d’aria in un periodo non facile per la ricerca: «Questo supporto ci facilita tantissimo proprio in un momento in cui eravamo in forte difficoltà economica - spiega Vescovi -. Siamo felici che un gruppo come Generali si sia accorto di una sperimentazione unica a livello mondiale, no profit, seria e senza nessun problema etico e basata su una tecnologia tutta italiana». Il sostegno della compagnia consentirà agli scienziati «di ampliare la portata e l’impatto della nostra ricerca, restituendo una speranza onesta e concreta di future cure ai malati e alle loro famiglie, confermando l’Italia come all’avanguardia tra tutti i Paesi che oggi fanno sperimentazione nell’ambito delle staminali». Vescovi conferma che «la nostra ambizione è di riuscire a estendere questa sperimentazione anche ad altre malattie neurodegenerative, capitalizzando gli studi, gli sforzi e la ricerca compiuti da Revert in questi anni».

I vertici del Leone L’amministratore delegato di Generali Mario Greco non nasconde la sua soddisfazione: «Siamo lieti di sostenere - commenta - un progetto scientifico di eccellenza italiana in una delle principali sfide di carattere medico e sociale. Riteniamo che questa ricerca possa dare un apporto significativo nell’individuazione di una cura delle malattie neurodegenerative, migliorando la società in cui viviamo». Fonti interne a Generali specificano comunque che il finanziamento non intende essere una presa di posizione contro il metodo Stamina.

La speranza nel 2015 Se i risultati dei test che verificano la sicurezza della terapia della Revert saranno positivi, è possibile che l’anno prossimo venga avviato un uso compassionevole del metodo. È un’altra notizia data dal dottor Vescovi. «L’obiettivo è terminare i test di fase 1 entro fine anno - spiega -. Fino a questo momento non ci sono stati problemi importanti sotto il profilo della sicurezza, e speriamo di continuare così. Una volta concluso il test invieremo all’Istituto superiore di Sanità tutti i dati, e se il metodo sarà considerato sicuro potremo iniziare a pensare a un uso compassionevole sui malati».

Il percorso diverso Un modus operandi che Vescovi contrappone a quello di Stamina: «Questo è il modo giusto di procedere nell’interesse dei pazienti. Una vicenda come quella di Stamina poteva succedere solo in questo Paese». Il metodo sviluppato da Vescovi, che ha impiegato decenni per arrivare alla fase di sperimentazione sull'uomo, sarà poi messo a disposizione degli altri ricercatori. «Noi vorremmo che anche altri seguissero questa strada - conclude -, mettiamo a disposizione degli altri gruppi sia le cellule che la nostra esperienza».

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © Il Piccolo