Generali, chiesto cda straordinario

Sei consiglieri, fra cui Della Valle, pretendono chiarezza sulla gestione dei costi. E sui rapporti tesi tra il presidente di Generali Cesare Geronzi e l'amministratore delegato Giovanni Perissinotto spunta il tablet della Apple

La lettera è stata spedita. Sei consiglieri di amministrazione delle Generali, confermano fonti vicine agli azionisti di maggior peso, hanno chiesto al presidente Cesare Geronzi la convocazione di un Cda straordinario per un confronto su tre temi sempre più scottanti: la gestione dei costi, la delega al presidente in materia di comunicazione e la "questione" del vice-presidente Vincent Bollorè, astenutosi sul bilancio per manifesta perplessità circa l'alleanza con Ppf. Contemporaneamente, i legali di Trieste stanno valutando se presentare un esposto alla Consob per le continue «tensioni mediatiche» intorno alla compagnia. L'invio della missiva, anticipato ieri dal quotidiano La Repubblica, è in ogni caso l'ultimo atto di "protesta" dei consiglieri ritenuti più vicini al management, vale a dire il patron della Tod's Diego Della Valle, il numero uno di De Agostini Lorenzo Pellicioli, il segretario generale di Fondazione Crt Angelo Miglietta e gli indipendenti Cesare Calari, Carlo Carraro e Paola Sapienza, eletti nella lista di Assogestioni.

Il presidente dalle polemiche si è finora tenuto fuori e ha risposto, nell'ultima settimana, sia all'amministratore delegato Giovanni Perissinotto che ai tre consiglieri indipendenti, di ritenere di non dover intervenire, lasciando ciascuno la responsabilità di ciò che dice. Ma ora, dal momento che la richiesta è fatta da un terzo del Consiglio, Geronzi, come lo Statuto comanda, dovrà necessariamente convocare il board. In cui si cercherà di ricucire uno strappo sempre più lacerante per i mercati. Sembrano infatti esserci ormai due Generali. Una è concentrata sul business assicurativo, che nel 2010 ha visto l'utile netto balzare del 30% a 1,702 miliardi di euro e aumentare la cedola di una percentuale analoga. E c'è una Generali catapultata suo malgrado nel "Barnum" mediatico per i contrasti fra i grandi soci, i consiglieri e lo stesso vertice. La prima rispecchia la mentalità asburgica della compagnia, quella che mai e poi mai vorrebbe occuparsi di pesare gli umori dei suoi azionisti e giustificare la scelta degli investimenti, tanto da averli recentemente definiti «tutti strategici».

La seconda è costretta a rincorrere le dichiarazioni di Vincent Bolloré, Tarak Ben Ammar o Diego Della Valle. Per le Generali tutto "core business" la partnership con la ceca Ppf era e resta un affare, come dimostrano i numeri sulla crescita nell'Est Europa. Nella prospettiva del Leone inserito nella cosiddetta "galassia del Nord" - che condivide quindi gli equilibri nel suo primo azionista Mediobanca - la joint venture è stata invece un errore. In questo caso persino la Consob pare disorientata, tanto da aver chiesto alla compagnia di fornire già domani informazioni al mercato sui termini dell'operazione con il gruppo ceco. Sia il presidente, Cesare Geronzi, sia il Capo-azienda, Giovanni Perissinotto, pur con approcci diversi, hanno tentato nelle ultime settimane di rinchiudere le diatribe nelle sedi istituzionali. Quella principale, in piazza Duca degli Abruzzi a Trieste, o l'avamposto romano in Piazza Venezia, a Roma, dove si svolgono da qualche tempo i Cda. Ma il confronto è oramai così vasto che i tentativi sono finora falliti.

Perché a confrontarsi sono ormai due visioni che vorrebbero per la compagnia destini diversi: l'anima triestina ha in mente di "continuare a fare gli assicuratori" e tanto basta. Quella più vicina al presidente Geronzi preferirebbe invece che la compagnia giocasse invece un ruolo da "assicurazione di sistema", con maggior attenzione agli equilibri politici e finanziari del Paese. Il mercato cerca di capire quale delle due strade imboccherà Generali.
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