Generali, boomerang da 500 milioni

Le ombre di un bond ibrido assistito da Mediobanca sul bilancio 2013. Il gruppo triestino valuta una richiesta di danni a Finint
Di Piercarlo Fiumanò

TRIESTE. Continua la “pulizia” contabile di Mario Greco alle Generali. Ma nel mirino non ci sono solo i cosiddetti investimenti alternativi e nel private equity. Sotto la lente del board del 19 febbraio, che ha deciso di portare davanti al giudice del lavoro l’ex amministratore delegato Giovanni Perissinotto e l’ex direttore finanziario e direttore generale Raffaele Agrusti, Greco ha anche posto all’attenzione dei consiglieri potenziali criticità (emerse al di fuori del dossier sulle sette operazioni controverse) legate all’emissione di un bond ibrido da 500 milioni collocato nel 2008. Criticità che potrebbero avere un impatto estremamente significativo sul solvency ratio, un indice chiave sulla patrimonializzazione.

Siamo in piena crisi finanziaria con tassi elevati e poca liquidità sul mercato. Questo tipo di bond è uno strumento assimilabile al capitale perchè caratterizzato da tempi di rimborso molto lunghi. Per rientrare nel computo del capitale il bond ibrido doveva avere l’ok dell’Isvap. All’epoca il gruppo triestino comunicò così che il bond rispondeva «ai requisiti dell’Isvap (oggi Ivass, ndr) per l’ammissibilità alla copertura del margine di solvibilità». Il finanziamento, a cura di Mediobanca, era destinato al rimborso di un prestito ponte per l’acquisizione di Banca del Gottardo. Lo scorso autunno, per questioni tecniche legate a una clausola contenuta nell’accordo, i costi di quel bond sembravano destinati a lievitare. La compagnia avrebbe riesaminato i documenti legati all’emissione del finanziamento. A fine 2013 si sarebbe accorta che nel 2008 era stata data un’informativa incompleta all’Isvap su alcune caratteristiche del bond. Nel dettaglio, secondo fonti finanziarie, all’Autorità di vigilanza non sarebbe stato comunicato il contenuto di quella clausola, rispetto alla quale Generali si era comunque riservata, a fronte dell’ok dell’Isvap, di procedere a un rimborso anticipato dell'ibrido. L’Ivass avrebbe chiarito alla compagnia che, nel nuovo scenario, quel bond non dovrebbe essere utilizzato nel computo per il margine di solvibilità. Ciò potrebbe comportare una revisione del solvency ratio, un indice importante sulla patrimonializzazione del gruppo, tanto da prefigurare -sulla scorta delle indicazioni provenienti da Consob- la revisione del bilancio.

Intanto il gruppo triestino ha dato mandato a uno studio legale di valutare la possibilità di promuovere una causa contro Finint, la finanziaria di Enrico Marchi e Andrea De Vido, coinvolta in tre delle sette operazioni passate sotto la lente dell’ultimo cda del 19 febbraio. Una decisione maturata dopo la seconda valutazione sul dossier degli investimenti alternativi sollecitata da Ivass nell’ambito della revisione sul portafoglio investimenti del gruppo voluta da Greco. In particolare sotto la lente ci sarebbe il ruolo svolto da Finint, la Finanziaria Internazionale di Enrico Marchi e Andrea De Vido, anche in qualità di advisor, in una delle tre transazioni che hanno coinvolto la holding veneta. Come ha ricostruito ieri il Sole 24 Ore, si tratterebbe del notes Capital Appreciation, vicenda che arriverebbe a sfiorare anche il crack Finmek. Tutto inizia nel 2000 quando Perissinotto è direttore generale mentre Agrusti è direttore centrale. Secondo la ricostruzione delle Generali i fondi ottenuti da Capital Appreciation sarebbero serviti per finanziarie Sviluppo 24, società riconducibile a Finint. Sviluppo 24, a sua volta, avrebbe utilizzato i fondi per acquistare un compendio di immobili del gruppo Telit, di cui Generali era socia con il 32%, che di li a poco fu rilevata da Finmek, società poi coinvolta nel noto crack. Sotto la lente anche la fornitura da parte di Solight (partecipata di Onda Communications guidata da Michelangelo Agrusti) di una serie di lampade led per 400 mila euro).

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