Gelosia o mafia le piste del doppio delitto
PORDENONE. Un ammiratore o un’ammiratrice delusa, un corteggiatore o una corteggiatrice respinta, una vendetta mafiosa, giri di sostanze sospette in palestre o discoteche. Mentre il muro eretto dai carabinieri sulle indagini si fa sempre più spesso, vengono alla luce le prime crepe sulla vita privata del sottufficiale Trifone Ragone, 28 anni, e della subassicuratrice Teresa Costanza, 30, uccisi a colpi di pistola martedì sera nel parcheggio del palazzetto dello sport di Pordenone. Su queste “ombre” si concentra l’attività degli investigatori.
Vita privata La pista più battuta – ma non più avvalorata di altre – riguarda le relazioni sociali della coppia. Dalla ricostruzione delle testimonianze raccolte sino a ieri sarebbe emerso che il militare avrebbe frequentato altre ragazze e avrebbe fatto da accompagnatore di donne anche più mature di lui. Informazioni sulle quali gli inquirenti cercano riscontri in tabulati telefonici, chat e computer. La subassicuratrice, invece, avrebbe subìto «avances insistenti» da parte di due uomini. Apprezzamenti che avrebbe confidato al compagno, descritto come «riservato, ma molto geloso», tanto da indurlo con fermezza a mettere in guardia i presunti pretendenti. Uno di questi, forse conosciuto nel periodo milanese della coppia, potrebbe essersi vendicato. Ma non è nemmeno escluso che dietro il delitto vi sia la mano di una donna follemente innamorata e delusa nelle sue aspettative. Episodi di stalking manifesto, ad ogni modo, sono «assolutamente sconosciuti alle forze dell’ordine e all’autorità giudiziaria», come affermato dal procuratore della Repubblica Marco Martani: «I giovani non risultano aver subito recentemente azioni criminali». Chi ha sparato, «lo ha fatto con la freddezza di chi non è coinvolto emotivamente».
La pista mafiosa Teresa Costanza, originaria di Favara (Agrigento), si era trasferita, con la famiglia, a San Donato Milanese nel 2006. Nel 1995, Antonio Costanza, zio della ragazza e fratello del padre, era sparito da Favara, vittima di «lupara bianca». A chiarire i contorni di quella scomparsa sono stati alcuni collaboratori di giustizia. I pentiti raccontarono ai magistrati che Antonio Costanza venne ucciso e poi sepolto con la sua auto in un terreno di Campofranco. La «lupara bianca» era stata decisa da Cosa Nostra. Costanza sarebbe stato erroneamente indicato come la spia che avrebbe indicato agli investigatori il nascondiglio del boss. Il padre di Teresa, imprenditore edile, non ha mai frequentato ambienti mafiosi.
Doping e stupefacenti È la pista meno avvalorata. La coppia frequentava palestre e discoteche. Ambienti dove non si esclude possano essere venuti a conoscenza di giri di sostanze dopanti o stupefacenti, di cui non avevano mai fatto uso. Possono avere visto o saputo di giri illeciti? In questo quadro si inserisce una possibile esecuzione che ha il sapore dell’eliminazione di testimoni scomodi.
Il killer «L’arma utilizzata, una comune calibro 7.65, è poco potente e a volte inefficace. Non è una pistola che viene usata da killer professionisti. In questo caso uno solo senz’altro e con l’intenzione di uccidere», ha detto il procuratore. I giovani non hanno avuto il tempo di reagire. Conoscevano il loro assassino? «È probabile che lo conoscessero o che non avessero motivo di sospettare. In una città tranquilla chiunque, magari alla richiesta di una informazione, aprirebbe la porta o abbasserebbe il finestrino dell’auto».
Famiglie sorprese I genitori e i due fratelli di Teresa Costanza, i genitori, la sorella e i fratelli di Trifone Ragone, sono stati nuovamente sentiti, a lungo, ieri, nella caserma del comando provinciale dei carabinieri. Sentiti ieri anche due militari del 132° reggimento carri di Cordenons, dove Trifone Ragone era in servizio, in ferma triennale, dall’ottobre 2012. Un anziano si è fatto avanti coi carabinieri: risiede nella zona del Sacro Cuore e avrebbe riferito sulla presenza sospetta, nei giorni precedenti il delitto, di un uomo nel parcheggio del palasport.
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