Gelmini blinda i colonnelli azzurri

La capogruppo forzista alla Camera in Friuli: «Savino ha fatto un lavoro straordinario. E da Riccardi prezioso passo indietro»

TRIESTE. «Noi sappiamo tutelare il bene dell’alleanza, noi sappiamo governare». L’orgoglio azzurro rispunta a Udine. Mariastella Gelmini sale fino alla terrazza del ristorante Mocambo per lanciare Massimiliano Fedriga alla presidenza della Regione e Pietro Fontanini alle comunali del capoluogo friulano. Due leghisti. Ma, a quanto assicura la capogruppo alla Camera di Forza Italia, va bene così: «Non è questione di arrendevolezza. Il candidato alla Regione poteva essere Riccardo Riccardi, ma abbiamo fatto un’altra scelta per favorire l’unità della coalizione». Un attimo dopo Sandra Savino, coordinatrice regionale, aggiunge: «Siamo il partito della responsabilità». E pure Fedriga, in un clima di apparente, totale sintonia: «Siamo una squadra, mai ci sarà una persona sola al potere».

I due partiti principali del centrodestra fanno a gara a trasmettere il messaggio dell’unità. I dieci giorni di psicodramma, con un candidato bruciato dopo l’altro e i veti reciproci su Fedriga e Riccardi sono dimenticati. O, almeno, infilati sotto il tappeto. Quello di Riccardi anzi, parola di Gelmini, è stato «un passo indietro». E Fi, è la certezza di Fedriga, «un alleato competente ed estremamente leale».

Sarà che la location è di nicchia, ma la differenza con quanto accaduto lunedì, sempre a Udine, è solare. A Matteo Salvini, alla piazza e ai militanti adoranti della Lega, i forzisti replicano con un incontro di partito. Nessun fan, solo parlamentari eletti - con Savino anche Laura Stabile, Guido Germano Pettarin, Franco Dal Mas e Roberto Novelli -, dirigenti e aspiranti consiglieri regionali e comunali. L’occasione serve però per ribadire che anche una Fi al 10% è un alleato «non solo importante, ma indispensabile», sottolinea ancora Fedriga.

L’avversario è dall’altra parte. È il Movimento 5 Stelle, «con cui il dialogo a Roma è possibile se finiranno gli insulti rivolti a Fi e Berlusconi - dice Gelmini -, davvero poco edificanti». Ed è poi il Pd, incalza Savino: «Dal 2014 abbiamo vissuto momenti difficili, ma abbiamo sempre messo la faccia sotto la bandiera del partito e accanto al nostro leader. Al contrario, il candidato del centrosinistra nasconde il simbolo del Partito democratico dietro a un volantino azzurro».

Prima ancora che la coordinatrice prendesse il microfono ci aveva pensato Gelmini a chiudere in fretta gli spifferi su un coordinamento regionale sotto esame dopo il risultato flop delle politiche. Comunque vada alle urne, chiarisce il capogruppo alla Camera, Fi Fvg «è promossa. Anche perché abbiamo vinto Trieste, Gorizia, Pordenone e ci apprestiamo a vincere Udine». Non mancano parole di miele per Savino e Riccardi: «Sandra ha fatto un lavoro straordinario, si è battuta come un leone, ha condotto battaglie importanti. E Riccardo, emblema di tanti amministratori che studiano gli argomenti e stanno vicino alla gente, rimane una colonna del partito. Con il suo gesto ha dimostrato che in Fvg non c’erano partite di potere o guerre di poltrone. L’importante è che i cittadini vadano al voto e facciano vincere la coalizione di centrodestra, in regione come a Udine. L’apporto di Fi sarà senz’altro determinante».

La Lega che straripa? «Salvini è stato molto presente, sui territori come in tv, mentre noi siamo stati penalizzati dal fatto che Berlusconi, costretto a una campagna elettorale più limitata nel tempo, fosse incandidabile a causa di una sentenza ingiusta. Siamo però consapevoli di dover avviare un cambiamento, e ci stiamo muovendo in questo senso: a Berlusconi servono aiuti, non zavorre. Io il dopo Cavaliere? Sciocchezze. Berlusconi è in campo e rimane il nostro leader».

Uno dopo l’altro, Gelmini, Savino, Fedriga e Fontanini impallinano quindi le riforme del governo uscente, la gestione dell’accoglienza e il tentativo di abbassare l’affluenza con elezioni fissate in mezzo a un ponte. Savino si concentra anche sul «famigerato» patto Serracchiani-Padoan: «Dovremo recuperare 300 milioni che l’accordo ci ha sottratto. Altro che il Tondo-Tremonti. Sarà il primo tema da approfondire una volta in Regione». (m.b.)
 

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