Gay, in Slovenia il fronte del no insiste
ZAGABRIA. I gruppi cattolici e conservatori sloveni passano all'attacco. Dopo aver vinto il referendum di domenica (63% contro 37% circa), ottenendo l'abrogazione del "matrimonio per tutti" e del diritto di adozione per le coppie omosessuali, il fronte "Za otroke gre" ("Ne va dei bambini") annuncia nuove proposte legislative. L'obiettivo - ha detto Aleš Primc, uno dei leader del movimento - è regolare le unioni civili (già autorizzate nel paese) per evitare che in futuro possano essere equiparate al matrimonio. Una bozza di legge sarà presentata entro un mese. In Parlamento il fronte conservatore potrà contare sul sostegno di diverse formazioni politiche che nei giorni scorsi si sono opposte al nuovo codice di famiglia, riformato nel marzo scorso e sottoposto a referendum popolare dopo la raccolta firme di "Za otroke gre". Il Partito democratico (Sds) dell'ex premier Janez Janša ha ad esempio interpretato il risultato di domenica come un invito al governo di Miro Cerar a «non andare troppo in là» in materia di diritti degli omosessuali. Mentre Nuova Slovenia (Nsi) si è detta d'accordo sul fatto che i diritti delle coppie dello stesso sesso debbano essere «adeguatamente regolati», ma «non a scapito della tradizionale famiglia eterosessuale».
L'esecutivo sloveno ammette di avere le mani legate almeno per i prossimi 12 mesi. A dirlo ai microfoni dell'agenzia Sta è la responsabile del servizio giuridico del governo, Ksenija Mihovar Globokar, secondo cui «una legge che interferisca con il voto non può essere adottata nel prossimo anno» poiché così è previsto dalla legislazione slovena in materia di referendum. Oltre al matrimonio per le coppie dello stesso sesso, anche l'introduzione del diritto all'adozione è dunque rimandato. Al governo Cerar rimane la possibilità di ampliare i diritti di cui beneficiano già le coppie omosessuali, all'interno delle unioni civili, ma resta da vedere in che misura quest'azione andrebbe appunto contro la volontà popolare espressa domenica.
Nel frattempo, il mondo Lgbt sloveno ammette la sconfitta. Per l'associazione Legebitra «la Slovenia ha respinto l'uguaglianza», inviando «un messaggio scioccante all'Europa e al mondo». Dopo il voto di domenica «le coppie dello stesso sesso continueranno a essere discriminate in almeno 70 leggi slovene solo perché non possono essere sposate». «Nella campagna elettorale - analizza Simon Maljevac, co-leader del fronte del "Sì" - i sentimenti di paura e la manipolazione dell'informazione hanno prevalso, anche se ci sono stati comunque passi avanti, ad esempio, nel fatto che le famiglie delle persone Lbgt abbiano parlato apertamente con i media». Il timore dei militanti è che ora il movimento "Za otroke gre" si allarghi, mirando magari ad altri diritti già consolidati. «Viste le prime dichiarazioni di Aleš Primc, è chiaro che mirano a entrare in politica», dice Maljevac. Si seguirebbe l'esempio già tracciato in Croazia dal gruppo "U ime obitelj" che dopo il referendum anti-matrimonio gay nel 2013 si è presentato (senza successo) alle ultime politiche.
In Italia intanto la vittoria del "no" è stata festeggiata dai gruppi vicini alla Chiesa. E c’è chi - come il senatore Carlo Giovanardi (Idea) chiede ora il ritorno del Ddl Cirinnà, che apre alle unioni civili tra coppie omosessuali, in commissione Giustizia. Sul fronte opposto Franco Grillini, di Gaynet Italia, sottolinea come «i diritti, specie delle minoranze, non possono e non debbono essere sottoposti a referendum ma vanno garantiti comunque».
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Il Piccolo