Fvg. scintille in aula su meriti e colpe della giunta

Il Pd rivendica i traguardi su welfare e A4. M5S: «Solo bugie». Il centrodestra: «La regione è ferma»
TRIESTE. Due mondi opposti. Il dibattito politico sulla finanziaria è stato ieri l’occasione per tirare le somme della legislatura, ma il Friuli Venezia Giulia descritto dalla maggioranza e quello dell’opposizione sembrano due regioni diametralmente diverse, con il centrosinistra proteso a difendere i risultati del proprio governo e le opposizioni a ricostruire una realtà a tinte fosche.


Diego Moretti (Pd) rivendica «interventi attesi da anni in settori chiave come quello degli enti locali, della sanità e del welfare, passando per la terza corsia o ancora le misure di sostegno al reddito che ci ha visti, per primi in Italia, approvare tale misura». Per il capogruppo dem «abbiamo recuperato anni di mancate riforme, abolito i vitalizi e affrontato il tema della povertà con una misura universale». Secondo Giulio Lauri (Sel Fvg), «in Fvg si vedono segni certi di uscita dalla crisi: lo dicono tutti gli indicatori economici. Lasciamo ai cittadini una Regione migliore di come l’abbiamo trovata. Cosa scriverà invece il centrodestra nel suo programma? Rivendichiamo la ripresa del turismo, la riconversione dell’agricoltura verso il biologico, un nuovo welfare più equo e siamo la Regione che investe di più in attività culturali».


Per Riccardo Riccardi (Fi), «siamo nell’epoca della post verità: dicono che va tutto bene ma non ho capito allora perché Debora Serracchiani non si ricandida. Ci lasciate una regione ferma, con indicatori in recessione: aumentano i giovani che lasciano il Fvg, ci sono 4mila imprese in meno dal 2013, avete diviso la regione con la riforma degli enti locali, ci sono posti letto ospedalieri in meno e i 163 milioni di Rilancimpresa hanno fruttato la mirabolante cifra di 1.098 occupati in tre anni. Non bastasse, apprendiamo delle novità di Mediocredito direttamente dalla stampa».


Barbara Zilli (Lega) ha parlato di «fervore riformatore eccessivo e senza capacità di ascolto dei territori. Abbiamo subito le imposizioni del governo sull’immigrazione e registrato l’arroganza istituzionale della giunta in consiglio. Serracchiani lascia in dote la sua proposta per il bonus figli da 0 a 18 anni, ma non ce n’è traccia nella manovra e a inizio legislatura si è cancellato il bonus bebè».


Alessandro Colautti (Ap) si è soffermato sui rapporti finanziari con lo Stato, che «preleva liberamente senza contropartite o limiti: intanto entriamo in questa finanziaria senza i 120 milioni che ci spetterebbero dalla rinegoziazione del Patto». Per Cristian Sergo (M5S), «questa giunta ha voluto solo comandare e ha raccontato un sacco di menzogne sulle cose da fatte e da fare». L’assessore alle Finanze, Francesco Peroni, si è mantenuto sui temi della manovra: «Questa è una finanziaria incontestabile che assicura continuità dei saldi: non è cosa figlia di casualità o fortuna, ma frutto del lavoro e della competenza di questa giunta e dell’amministrazione». L’assessore ha difeso l’operazione Mediocredito e richiamato poi «i livelli lusinghieri del rating e un sistema di relazioni finanziarie con lo Stato che, dalla stipula del patto Padoan-Serracchiani, ha conseguito un progresso che ha dato il suo contributo alla finanza pubblica in una fase di forte pressione del governo centrale sulle Regioni». Peroni ha infine rivendicato il «rapporto dialettico e anche conflittuale non accomodante con il governo, come dimostrano i contenziosi davanti alla Consulta, che hanno dato anche esiti benefici per il nostro bilancio».
(d.d.a.)


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