Fvg, il record dei 510mila occupati in regione

Il rapporto Ires: il dato più alto dal 2011. Nel Paese recuperati i livelli pre crisi ma è sempre boom di contratti a termine
Un'operaio metalmeccanico al lavoro in un'immagine d'archivio. GIORGIO BENVENUTI-ARCHIVIO / dba
Un'operaio metalmeccanico al lavoro in un'immagine d'archivio. GIORGIO BENVENUTI-ARCHIVIO / dba

TRIESTE. L'occupazione cresce ancora, recuperando i livelli pre-crisi, ma la spinta arriva dai contratti a termine, che ormai sfiorano i tre milioni. Un record storico per l'Istat, che non ne registrava così tanti dall'inizio della rilevazione. E da allora è passato un quarto di secolo. Dietro un tasso di disoccupazione stabile all'11,2%, che resta sui minimi da circa cinque anni, c'è così un mercato del lavoro in movimento. Ne è una prova anche il calo netto degli «scoraggiati»: coloro che vorrebbero un impiego ma hanno smesso di cercare, giudicando la missione impossibile. Dati dell'ufficio di statistica alla mano, tra luglio e settembre nel Paese sono stati creati 79 mila posti rispetto ai tre mesi precedenti. Un rialzo dovuto esclusivamente a dipendenti a tempo determinato (+101 mila), mentre i «fissi» risultano stazionari e gli autonomi in calo.

Nel terzo trimestre del 2017 prosegue la dinamica positiva del mercato del lavoro anche in Friuli Venezia Giulia. Come rileva il ricercatore dell’Ires Fvg Alessandro Russo, il numero di occupati si attesta a 510mila unità (2.000 in più rispetto al periodo precedente), il valore più elevato registrato negli ultimi sei anni (erano 515mila nel secondo trimestre 2011 poi i livelli si sono mantenuti costantemente più bassi». Nel complesso, secondo la rielaborazione, nella media dei primi nove mesi di quest’anno, la crescita dell’occupazione in regione risulta pari a +7.900 unità (+1,6%) rispetto allo stesso periodo del 2016.

L’aumento dell’occupazione in regione risulta sostanzialmente in linea con l’andamento dell’intero Nordest (+1,5% rispetto all’anno scorso); solo il Veneto presenta un incremento superiore al 2% (+2,1%). «Ora bisogna far sì che i contratti a tempo determinato si trasformino in impieghi a tempo indeterminato e che i livelli di reddito ritornino al periodo pre-crisi. È fondamentale in questa chiave - ha detto l’assessore regionale Loredana Panariti - continuare a investire sulla qualità del lavoro, e quindi sulla formazione e la ricerca».

A livello nazionale gli occupati hanno superato quota 23 milioni, un valore vicino a quello raggiunto nel 2008, prima dell’inizio della parabola discendente. Il Paese ha riconquistato «un segno positivo», commenta il premier Paolo Gentiloni. E parlando dei posti in più sottolinea: «Sappiamo tuttavia che la loro qualità è sempre esposta al rischio della precarietà». Da qui, aggiunge, «lo sforzo» per rimettere in moto «i consumi» e in generale la domanda interna. Ma per la Cgil il dado è tratto: «il lavoro è debole» e «le incentivazioni alle imprese non sono servite». Sulla stessa linea il leader della Uil, Carmelo Barbagallo, si tratta solo di «lavoretti». L'Istat tiene però ad evidenziare anche il ritorno alla crescita dei posti tra gli under35, insomma tra i giovani. Il risveglio del mercato del lavoro sta soprattutto in un dato: centomila scoraggiati in meno in un anno. Durante le fasi della recessione questa «area grigia», fuori dalla disoccupazione ufficiale, era lievitata. Un appesantimento che era ricaduto nell'alveo degli inattivi: quanti non hanno un impiego e neppure ne sono a caccia. La componente femminile qui domina, nonostante i picchi nell'occupazione.
 

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