Fvg, il Consiglio “in trasferta” sdogana friulano e sloveno
TRIESTE. La lingua slovena è risuonata ieri nell’aula del Consiglio comunale di Trieste, evento avvenuto solo una manciata di volte negli ultimi decenni. A rendere la circostanza nuovamente possibile è stata la “trasferta” del Consiglio regionale, ospitato appunto in piazza Unità vista l’indisponibilità della sede di piazza Oberdan, interessata da lavori. Gli eletti a Palazzo infatti, a differenza dei loro colleghi consiglieri comunali, hanno la possibilità di intervenire usando le lingue delle minoranze, a fronte del servizio di traduzione garantito dal Palazzo. Possibilità concessa appunto anche ieri, nel corso della seduta convocata per esaminare il disegno di legge in materia di viabilità che prevede, tra l’altro, il passaggio di 160 dipendenti ex provinciali, ora regionali, nell'organico di Fvg Strade Spa. Una lunga discussione finita nel nulla, visto che il testo è stato rimandato in commissione a causa di un disguido tecnico.
Il primo ad intervenire non in italiano bensì in sloveno è stato il dem Stefano Ukmar. «Da decenni il regolamento del Comune triestino non permette agli sloveni di intervenire nella loro lingua. Surreale, anche perché nella passata legislatura il Consiglio è stato presieduto per cinque anni dallo sloveno Iztok Furlanic». Ukmar si è agganciato anche alle polemiche seguite alla visita della ministra Valeria Fedeli: «La destra triestina dice che lo sloveno è inutile.
Ma la lingua è profondamente connessa all'identità. Deduco quindi che per queste persone anche gli sloveni di Trieste siano inutili. Fortunatamente quel che accade a Trieste non si verifica in Consiglio regionale, che tutela invece l'identità complessa della regione». Dopo Ukmar, anche Igor Gabrovec ha preso la parola in sloveno, mentre l'ex consigliere leghista Claudio Violino (gruppo Misto), non senza ironia ha utilizzato il friulano per il suo intervento a palazzo Cheba: «Questa seduta è simbolica perché in quest’aula si sono tenuti i primi anni di attività dell’assemblea regionale - ha detto in marilenghe - e dobbiamo tenere a mente che questa regione o è plurale, o non è». Il discorso è stato accolto con qualche resistenza dal forzista Bruno Marini: «Ma parlare in friulano nel municipio triestino è come bestemmiare in chiesa!». Lo stesso Marini, eletto sia in Comune sia in Regione, ha sottolineato la stranezza della situazione: «Sono in preda a una specie di discrasia - ha dichiarato -. Venire qui e trovare le facce del Consiglio regionale è qualcosa a cui non sono abituato».
Ma il tema portante della giornata, almeno in teoria, era il disegno di legge sulla viabilità. Un testo discusso, anche perché, come detto, prevede il passaggio di 160 dipendenti ex provinciali, ora regionali, nell'organico di Fvg Strade Spa. In materia sia l’opposizione sia i sindacati hanno manifestato forti perplessità, poiché comporta per quei lavoratori, assunti con concorso pubblico, il salto a un contratto di diritto privato.
La discussione è stata accolta da un pacifico picchetto di lavoratori che si sono riuniti sotto al Comune: «Abbiamo tanti dubbi - hanno spiegato i lavoratori -. A noi non interessa guadagnare di più, ma siamo dipendenti pubblici e tali vogliamo restare». «Siamo di fronte a una situazione paradossale, che alimenta il disagio dei lavoratori - ha commentato il segretario generale della Cisl Fp, Massimo Bevilacqua -. Gran parte delle nostre istanze erano state accolte ma una mancanza da parte degli uffici regionali ha ugualmente compromesso lo sblocco di una situazione di incertezza che si protraeva da troppo tempo». Dopo ore di dibattito, infatti, il testo è stato rimandato in commissione per un disguido tecnico, ovvero la mancanza dei dati della scheda tecnico-finanziaria della legge. La discussione si è conclusa quindi con un nulla di fatto. Prima, però, sotto accusa erano finiti anche i potenziali risparmi derivanti dalla legge: «Fvg Strade spende più del doppio per la gestione di un chilometro di strade rispetto a noi - l’accusa mossa al dl -. Già ora hanno più dipendenti di quanti ne avessero le quattro Province, e li usano per curare la metà dei chilometri stradali».
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