Fuoriuscita di Iridio durante un controllo coinvolti tre operai, «nessun pericolo»
Un infortunio che ha coinvolto tre operai, avvenuto una settimana fa alla Cimolai, ha comportato ieri pomeriggio una serie di verifiche radiometriche da parte del Nucleo radiologico del Comando dei vigili del fuoco di Trieste, in collaborazione con Arpa e Ispettorato del lavoro, per l’avvenuta fuoriuscita di una sorgente di Iridio 192, elemento chimico radioattivo. I primi test effettuati dalle autorità «escludono contaminazione ambientale» nel sito, ma gli esiti di laboratorio sulla seconda e ultima prova potranno essere resi noto solo oggi in tarda mattinata.
La nota sui fatti diffusa ieri alle 18.55 dagli stessi vigili del fuoco riferisce che i tre operai della ditta esterna quel giorno impiegata allo stabilimento del Lisert nella verifica ai raggi X, cioè con una macchina per gammografia, di alcune saldature su un voluminoso recipiente in pressione «hanno subito danni da irraggiamento e sono stati ricoverati negli ospedali di Gorizia, in questo caso due addetti, e a Ravenna». L’azienda, con il direttore, però smentisce, riportando le rassicurazioni della ditta da cui sarebbero dipese le circostanze denunciate, stando alla quale i tre «risultano in buone condizioni, sono a casa e non vi è stato ricovero». Un operaio, in particolare, sarebbe stato trasportato nella città romagnola «solo perché lì ci sono degli strumenti in grado di fornire i valori esatti di eventuali radiazioni subite».
Ma cosa è accaduto la notte a cavallo tra lunedì 5 e martedì 6 agosto? Il direttore (da 4 anni) dello stabilimento, ingegner Alessandro Ros, ha chiarito i contorni dell’infortunio sul lavoro. «Circa una settimana fa era stata chiamata una ditta esterna, la Control, che effettua controlli cosiddetti “non distruttivi”, in pratica svolge delle radiografie, su saldature». Capita infatti che il committente di un’opera inserisca nel contratto di appalto la verifica ai raggi X delle saldature del lavoro prodotto, per evitare di incappare poi in difetti di realizzo. È prassi anche per le navi. In questo caso Cimolai, l’azienda appaltatrice, si è dovuta rivolgere per l’attestazione su un recipiente in pressione (pressure vessel) a una ditta specializzata.
«Quando devono essere svolte tali verifiche – sempre Ros – si lascia normalmente lo spazio di azione agli addetti esterni, infatti le operazioni vengono concluse nei turni notturni, cioè tra le 23 e le 3, quando non ci sono operai nelle aree». Per ragioni di sicurezza, così, le zone coinvolte vengono delimitate. «Gli addetti sparano attraverso una macchina le sostanze che emettono la radiazione, isotopi diversi a seconda dello spessore della lastra – prosegue il direttore –. Lunedì notte è capitato che a un operaio di quella ditta è caduto il dispositivo e la sorgente radiogena è uscita per qualche secondo dall’involucro. Il rischio riguardava pertanto una possibile esposizione». Fatto che ha determinato l’applicazione di un protocollo e la denuncia alle autorità competenti da parte della stessa ditta Control, pare proprio la mattina seguente. Di qui l’intervento di ieri in fabbrica, su mandato dell’Azienda sanitaria, per verificare se negli ambienti vi fossero ancora residui di radioattività. Sul posto anche personale della Polizia di Stato.
«Le prime verifiche hanno escluso contaminazione ambientale»: questo il responso espresso ieri in serata da Stelio Vatta, direttore generale Arpa. I vigili del fuoco hanno eseguito smear test sulle superfici, oltre ai controlli con la strumentazione in dotazione al Nucleo radiologico, coadiuvato dal comando di Gorizia nei test radiometrici a seguito del problema tecnico.
Sempre stando all’ingegnere Ros, comunque «tutti gli accertamenti del caso sono stati svolti, in fabbrica nei giorni seguenti si è ricorso ai contatori Geiger, ma solo a scopo precauzionale, poiché non è stato rilevato nulla, tant’è che la produzione è proseguita regolarmente». Quanto agli operai della Control, «la ditta ci ha detto che i tre addetti stanno tutti bene». –
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