Funghi velenosi, si aggrava la bimba di 10 anni di Trieste
TRIESTE Le condizioni della bambina di dieci anni ricoverata al Burlo a causa dell’intossicazione da funghi velenosi sono peggiorate. I medici si sono accorti che la bimba sta ora manifestando segnali di insufficienza epatica, in particolare nei valori riscontrati nelle transaminasi (enzimi) del sangue. È un indice di necrosi delle cellule del fegato.
Ieri la piccola è stata trasferita in un centro dell’Azienda ospedaliera di Padova, specializzato a intervenire in caso di ulteriori complicazioni. L’ipotesi più nefasta è il trapianto del fegato. Il passaggio nella struttura veneta è precauzionale: serve proprio a fronteggiare un’eventualità del genere. Perché il rischio, confermano fonti sanitarie, c’è.
Mentre il quadro clinico della minore appare purtroppo in aggravamento, i genitori e la nonna – pure loro intossicati – sono stabili. Ma restano in Medicina d’urgenza. Non sono fuori pericolo.
Nel frattempo, man mano che passano le ore, appare più chiaro cosa è accaduto alla famiglia, cioè alla mamma, al papà, alla nonna e alla figlia, tanto da finire in ospedale. E soprattutto cosa hanno mangiato esattamente a cena, la sera, prima di stare male: forse non uno, ma ben due funghi pericolosi. Uno è l’Amanita Phalloides. Contiene amatossine ed è letale. Letteralmente. Non a caso è chiamato anche “Angelo della morte”. Dall’analisi al microscopio di quanto è avanzato dal pasto, gli esperti hanno rinvenuto spore compatibili con quella specie. L’altro fungo è una Lepiota, dotata di spore fusiformi allungate e ritenuto tossico. Un esemplare è stato trovato nella spazzatura dell’alloggio in cui abita la famiglia. Uno scarto quindi. Non si esclude che qualcosa sia finito comunque in pentola. Ma il problema è l’Amanita. Bastano pochi grammi per uccidere.
I pazienti sono di origini moldave, come già emerso, ma risiedono a Trieste in via Molino a Vento. Mercoledì sono andati a fare una passeggiata in Carso, a Duino, nei sentieri dietro al supermercato Conad. Hanno raccolto chiodini (Armillaria Mellea), innocui se cucinati a dovere, ma l’occhio inesperto non ha saputo distinguere i funghi velenosi. Che, spiegano gli intenditori, effettivamente possono essere confusi. E così, preparando la cena, hanno mescolato i funghi commestibili e quelli nocivi.
I primi sintomi dell’avvelenamento sono apparsi di notte, poi di mattina si sono fatti più acuti con vomito, diarrea, nausea e fitte allo stomaco. A quel punto dall’abitazione di via Molino a Vento è partita la chiamata al 112.
«L’Amanita – precisa il micologo dell’Asugi, Michele Claut – si presenta in varie forme. Il colore del cappello è sul verde, ma è possibile che appaia bianco. E in certi momenti può assomigliare ai chiodini. Va detto – sottolinea – che la legge regionale del Fvg, sul nostro territorio, consente la raccolta solo a chi è provvisto di patentino. È necessario fare un esame presso l’Azienda sanitaria che prevede il rilascio di un’autorizzazione. Ricordo che per i privati l’Asugi offre gratis un servizio di ispettorato micologico, per il giudizio di commestibilità, presso il Mercato ortofrutticolo». —
Riproduzione riservata © Il Piccolo