Frode fiscale sul carburante, 6 anni al manager di Trieste Desiata
TRIESTE Antonio Desiata, manager di origine triestina e figlio dello scomparso Alfonso, che fu presidente di Assicurazioni Generali, è stato condannato a sei anni di carcere a Milano nell'ambito del processo che si è svolto con rito abbreviato e che vedeva al centro del procedimento una frode fiscale per oltre 55 milioni di euro per il mancato versamento dell'Iva legato alla vendita alle cosiddette pompe bianche di benzina di 350 milioni di litri di carburante importato da Malta.. A deciderlo è stato ieri il giudice della terza sezione penale del Tribunale lombardo Maria Teresa Guadagnino, che ha inflitto all’imprenditore una pena di otto mesi più alta rispetto a quella che era stata proposta dal pm Paolo Filippini.
Antonio Desiata, ritenuto responsabile dei reati di frode fiscale e autoriciclaggio in qualità di socio proprietario e amministratore della società milanese Xcel Petroleum, si è visto confiscare anche l'equivalente della somma che secondo l'accusa sarebbe stata sottratta all'erario. Per la vicenda poi al centro del processo Antonio Desiata, attualmente libero, era stato arrestato nell'ottobre del 2018 dalla Guardia di Finanza di Varese.
Secondo la ricostruzione del pm Filippini, tra il 2016 e il 2017 Antonio Desiata sarebbe stato il regista di «un sofisticato meccanismo di frode fiscale di rilevanza internazionale», come è riportato negli atti di indagine. Con la società della quale sarebbe stato amministratore di fatto, la Xcel Petrolium, il manager avrebbe acquistato attraverso una filiera di altre società ritenute “fantasma” o “cartiere” - tra le quali la romana Oilchem srl, sempre a lui riconducibile - un quantitativo di 350 milioni di litri di carburante in particolare dalla Petroplus, l'azienda maltese riferibile a Gordon Debono, uno dei broker finiti al centro dell'indagine denominata Dirty Oil della Guardia di Finanza di Catania per aver contrabbandato gasolio con le milizie libiche di Ben Khalifa.
Secondo il pm, attraverso questo meccanismo lo Stato non avrebbe incassato l'Iva dovuta, pari appunto a 55 milioni, e il carburante importato sarebbe andato così a rifornire i distributori di benzina “no logo”.
Quando Desiata venne arrestato, la Guardia di Finanza effettuò un sequestro di beni pari all'importo della presunta frode, tra i quali 29 milioni di litri di carburante per un controvalore di oltre 40 milioni di euro, altri 1,3 milioni bloccati su conti bancari, uno yacht e un totale di undici immobili tra Genova, Trieste e Abbiategrasso. Oltre all'imprenditore di origini triestine - che nel 2018, interrogato dal gip, respinse ogni addebito - in quell’occasione finirono sotto inchiesta anche altre persone che hanno in seguito scelto di essere processate con rito ordinario.
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