Friuli Venezia Giulia, contratto scaduto per 4 lavoratori su 10
TRIESTE. I dipendenti del pubblico impiego e della scuola, della sanità e del terziario, delle poste e delle assicurazioni. Un esercito di 150mila persone con il contratto di lavoro scaduto. A fine anno gli si affiancheranno altri 60mila addetti della metalmeccanica e di altre industrie. I “senza contratto” in Fvg saranno a quel punto 208.200, il 58% dei lavoratori dipendenti.
Le cifre Una fotografia emergenziale, illustrata ieri in direttivo a Udine dal segretario regionale Cgil Franco Belci, che si aggiunge al dato dei 20mila posti persi dal 2009. Frenata o blocco dei rinnovi contrattuali non sono più solo fenomeni dei settori pubblici, ma pure di molti comparti privati, insiste il sindacato mettendo in fila le due lunghe colonne di chi il contratto l’ha già visto scadere e di chi deve solo attendere un mese o poco più. Enti centrali, scuola, sicurezza e difesa sommano 51mila persone.
La sanità ne aggiunge 20mila. Regione ed enti locali, il comparto unico, sono a quota 14mila. Ma ci sono anche 12mila lavoratori del commercio, 10mila della sanità e dell’assistenza privata, altrettanti dei servizi alle imprese. Tra quelli con un contratto in scadenza il 31 gennaio ecco i 40mila del settore metalmeccanico, i 7.300 dell’industria alimentare, i 4mila dei settori vetro-cemento-lapidei-laterizi, i 2.900 di gomma e plastica. In totale 6 lavoratori dipendenti su 10 in Fvg, 4 occupati su 10.
Le incertezze L’obiettivo di cambiare rotta, prosegue Belci, «non risponde soltanto a ragioni di equità, ma è anche una condizione indispensabile per far ripartire i consumi, l’economia e l’occupazione. Solo così si potranno rafforzare i tenui segnali di ripresa che si sono intravisti quest’anno e che oggi devono fare i conti, oltre che con le incertezze dell’economia, anche con l’incubo del terrorismo e gli inquietanti sviluppi dello scenario politico internazionale».
Il lavoro Anche per questo la ripresa «è ancora lontana», ripete Belci. E proprio i dati sul lavoro lo confermano: occupazione scesa al picco minimo (497mila l’ultimo dato contro i 519mila del 2007), cassa integrazione scesa solo del 22% e un andamento tendenziale degli occupati addirittura negativo rispetto al 2014. «A ciò si aggiunge anche la preoccupazione per il fenomeno del cosiddetto lavoro povero, legato alla precarietà, alla forte diffusione dei contratti part-time, che in regione sono 75mila, vale a dire un dipendente su 5, e appunto al mancato rinnovo dei contratti».
Gli ostacoli Un rinnovo non facile. «In tempi di crisi - dice ancora Belci - il problema non è aggiornare gli indici di inflazione: la questione va affrontata con la ridefinizione complessiva delle relazioni industriali, basata sulla partecipazione, sulle regole, sulla riduzione del numero dei contratti. Il sindacato ha il dovere di tenere accesa la candela e la conclusioni positiva dei contratti dei chimici e di Confcommercio è la dimostrazione che la partita si può vincere. Anche a prezzo di dure battaglie, come quella che stanno portando avanti i lavoratori della grande distribuzione, che il 19 dicembre torneranno a scioperare».
Rapporto con Confidustria Un contributo importante potrà arrivare dalla contrattazione integrativa, che va rilanciata ed estesa, ma non può essere sostitutiva di quella nazionale. Belci annuncia confronti con le associazioni di categoria «per verificare se ci sono margini per trovare soluzioni che le smarchino da una Confindustria nazionale sempre più schiacciata sulle posizioni del governo e - stoccata a Giuseppe Bono - da una regionale con la quale c’è una totale assenza di relazioni e il cui presidente si segnala per la sua assenza sul territorio».
Reddito integrativo Voti alti, invece, per la manovra di fine anno della giunta regionale, in particolare per gli aumenti per sanità e reddito sociale integrato. Anche se «c’è la sensazione che la dotazione complessiva di questa misura, 21 milioni, possa rilevarsi comunque insufficiente».
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