Francesco Cervesi: «Ora decida la città»
«L’idea è quella di fare un regalo a Trieste. Auspico che questo resti un edificio pubblico»
«Abbiamo realizzato questo progetto con l’idea di fare un regalo alla città. L’importante per noi ora è che i cittadini lo guardino, lo conoscano e poi lo valutino insieme ai politici per decidere se piace o meno, ma sulla base di elementi tecnici e anche della destinazione che a palazzo Carciotti si vorrà dare. Destinazione che personalmente auspico rimanga pubblica».
Dice così l’ingegnere Francesco Cervesi, progettista del piano di riuso dell’edificio neoclassico. Il cronoprogramma prevede trenta mesi di cantiere, compreso un periodo di lavori a immobile ancora parzialmente occupato (oggi nell’edificio sono sistemati vari uffici del Comune), per un costo di una quarantina di milioni di euro.
A prescindere dal progetto in sé, il riuso del Carciotti ha già sollevato perplessità in merito ai tempi e ai costi, considerati il valore storico-artistico dell’edificio ma anche la sua situazione di degrado, e le difficoltà che si potrebbero incontrare nel restauro di uno stabile costruito a inizio Ottocento in riva al mare. Si tratta però di elementi che lo Studio Cervesi ha vagliato, e «su tempi e costi ci mettiamo la firma», dice Francesco Cervesi precisando che «i 40 milioni preventivati contemplano già un buon margine di sicurezza».
Quanto alla questione fondazionale e statica, già negli anni scorsi furono condotti dall’Acegas (che allora aveva sede al Carciotti) sondaggi e carotaggi in base ai quali risulta che il flysch si trova a quota meno trenta metri dal livello terra. I progetti fondazionali prevedono ora la posa di micropali in acciaio di circa 32 metri di lunghezza, tali da andare ancorati al flysch sottostante: un intervento peraltro il cui costo «è irrisorio rispetto a quello complessivo», dice Cervesi annotando come dall’eliminazione di due solai, effettuata per permettere lo sviluppo in altezza della sala grande tra il primo e il secondo piano, il carico di peso complessivo del palazzo risulterà minore.
Quanto alla possibilità, auspicata ieri dall’assessore al turismo Maurizio Bucci, di eliminare dal progetto una delle due sale minori previste al pianterreno per lasciare più spazio a superfici da destinare ad albergo, tecnicamente - dice Cervesi - l’operazione è realizzabile.
Ma il nodo sta nel definire «che tipo di macchina si vuole, sentendo l’opinione di chi i congressi li organizza e anche valutando le statistiche» esistenti. Il progetto palacongressi è stato infatti realizzato anche considerando i dati disponibili sull’argomento, i quali dicono «che un centro del genere funziona se ha una sala da 1500 posti e sale più piccole capaci di ospitare altrettante persone», nonché spazi capaci di rendere attrattiva a più ampio raggio la struttura. Del resto, nel redigere il piano si è pensato a un centro ai massimi livelli, capace di attirare la gran parte della richiesta congressuale d’Italia.
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