Fra tank e missili, a Belgrado apre la Fiera degli armamenti

In 25 mila metri quadri la manifestazione con 128 espositori anche da altri Paesi. Il ministro serbo: export del settore oltre i 500 milioni di dollari, il triplo del 2011

TRIESTE Armi per tutti i gusti, artiglierie, missili, mine, carri armati, blindati dall'aspetto temibile, elicotteri nuovi di zecca in bella vista nella più importante fiera nazionale, un modo per segnalare che l’industria della difesa è risorta. E pure l’occasione per mostrare i muscoli, in quella che è anche un’esibizione di orgoglio patriottico. Benvenuti a “Partner 2019”, la fiera biennale degli armamenti e degli equipaggiamenti militari che ha aperto i battenti – ma per ora solo a espositori e compratori – a Belgrado, con 128 espositori, 96 dalla Serbia, gli altri dal resto del mondo, il tutto organizzato sotto gli auspici del locale ministero della Difesa.

Per chi passa da quelle parti, una visita dovrebbe essere messa in agenda per osservare uno spettacolo relativamente raro, in Europa, ma assai simile a quelli che vanno in scena a Mosca, in Bielorussia, in Asia e in diversi Paesi arabi. Protagoniste, nell’imponente e storico edificio del “Sajam” belgradese, sono proprio le armi serbe, messe in mostra nel cuore della fiera. La lista è lunga: su ben 25 mila metri quadrati ci sono droni, elicotteri telecomandati, missili a guida laser, cannoni, mezzi d’assalto, il sistema anti-tank Bumba, il Nora B-52, mega obici, sistemi radar, lanciagranate.

E ancora fucili, pistole, armi automatiche, gli omologhi locali dei kalashnikov, mine anticarro, vari tipi di uniformi, il programma VB-10, «soldato del futuro». Fra gli stand, dove si aggirano soldati di tutte le specialità, ci sono anche venditori stranieri, austriaci, italiani, della Republika Srpska. «Questo è il Despot, un veicolo multifunzione» per la polizia, ma anche per fini militari, «che sarà presto prodotto in serie a Bratunac», spiegano con orgoglio allo stand serbo-bosniaco, davanti al gigante nero che intimorisce per la sua mole. E che non sfigura davanti ai mezzi serbi “Tamnava”, “Sumadjia”, “Lazar” e “Milos” e ad altri prodotti del colosso Yugoimport, che festeggia i 70 anni e «100 milioni di investimenti nella produzione negli ultimi sei anni».

La fiera è «molto importante per stabilire e mantenere i contatti» con i compratori, spiega Djordje Marinković, della storica Zastava Oruzje, mentre Milan, della Edepro – costruttori di missili – annota che l’iniziativa di Belgrado non può ancora far concorrenza a Dubai, ma sicuramente l’esposizione è una «vetrina per il settore difesa» della Serbia, in forte crescita, in particolare nell’export. Armi che contribuiscono a irrobustire un comparto sempre più importante, per Belgrado, che sta puntando da anni a far risorgere il suo esercito – con una corsa al riarmo che ha preoccupato i vicini - ma soprattutto a fare affari all’estero con gli armamenti nazionali. Industria che «ha come obiettivo primario lo sviluppo dell’economia, ma anche il dovere di equipaggiare, armare e preparare l’esercito serbo», ha assicurato il ministro della Difesa Aleksandar Vulin, che ha parlato di un export del comparto superiore ai 500 milioni di dollari nel 2018, tre volte maggiore che nel 2011.

Nella regione l’industria delle armi ha un peso crescente. Lo provano i dati, relativi al 2016, gli ultimi disponibili, del think tank internazionale Seesac, che ha piazzato la Serbia in testa alle classifiche dell’export regionale (400 milioni di euro), seguita dalla Bosnia (104 milioni). I maggiori compratori, oltre ai Paesi Ue, sono Afghanistan, Algeria, Iraq, Turchia. E soprattutto Arabia Saudita. Ma ce ne sono altri. «Vendiamo moltissimo all’estero», in Paesi in conflitto che hanno bisogno di armi, «in Vietnam, in Algeria», conferma Maja Grbić, della Krusik, storica azienda che fabbrica proiettili da mortaio, bombe e mine anti-carro e che mostra con orgoglio lo stand con i prodotti dell’impresa, mentre dietro passeggiano possibili compratori e curiosi.

E tra i visitatori – ne sono attesi più di 7.500 - non stonerebbe un personaggio come il Sordi di “Finché c’è guerra c’è speranza”, tutti ad ammirare i nuovi armamenti “made in Serbia”. —


 

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