Fra guerra e rincari il sistema imprese regge, in aprile 7.700 assunzioni
TRIESTE. Il sistema imprenditoriale del Friuli Venezia Giulia regge all’impatto della guerra in Ucraina e alle preoccupazioni per l’andamento della situazione economica, anche se si conferma un dato ormai consolidato a Nordest e in altri territori italiani: spesso c’è richiesta di manodopera, ma in alcuni settori non altrettanta disponibilità da parte dei lavoratori. A rispecchiare questa lettura sono le elaborazioni regionali per aprile realizzate dal Centro Studi Camera di Commercio Pordenone-Udine sul Bollettino del Sistema informativo Excelsior, realizzato da Unioncamere e Anpal.
Sono infatti poco meno di 7.700 le entrate di nuovo personale previste complessivamente dalle imprese del Friuli Venezia Giulia per il mese di aprile. Per capire la portata del dato è necessario confrontarlo con altri parametri, come quelli del mese scorso e quelli del 2021.
I numeri parlano di un -14,8% delle entrate previste dal settore manifatturiero rispetto a marzo (-380 unità), contemporaneamente registrando un +9% in confronto invece con un anno fa (+180). Anche le costruzioni registrano una frenata (-14,3% rispetto a marzo e -3,2% su 12 mesi fa). I servizi nel loro complesso risultano invece in crescita del 3,1% sul mese (+150) e del 26,8% sull’anno (+1.040), grazie soprattutto alla ripresa del settore turistico favorito dall’allentamento delle restrizioni per la fine dello stato di emergenza e dalle festività pasquali (+390 sul mese ossia +35,1%; +920 sull’anno ossia +158%). Positiva, anche se in maniera più contenuta, la domanda nel commercio (rispettivamente +5,9% e +4,7%), sebbene la rapida crescita dell’inflazione incida negativamente sulle aspettative del comparto per i prossimi mesi.
Considerando il totale dei settori economici, le previsioni di assunzione ad aprile registrerebbero un calo del 4,2% rispetto a marzo scorso (-340 entrate) e un aumento del 18,5% rispetto ad aprile 2021 (+1.200). La crisi in Ucraina e la significativa crescita dei costi energetici e delle materie prime, soprattutto sulle imprese manifatturiere, non sono ancora così pesanti da incidere rispetto alle cifre delle scorso anno, ma in alcuni settori rallentano la corsa in confronto al mese scorso.
Dunque, nonostante le incertezze e i timori per l’andamento della crescita economica, l’industria ricerca per il mese di aprile circa 2.780 lavoratori da inserire in azienda. A livello settoriale le imprese della manifattura e public utilities prevedono 2.180 entrate, seguite poi dalle imprese del settore costruzioni (600). Sono invece 4.920 le opportunità di lavoro offerte dalle imprese dei servizi, di cui 1.650 nei servizi alle imprese, 1.500 nel settore turistico, dell’alloggio e ristorazione, 900 nel commercio e 870 nei servizi alle persone.
Nel complesso il flusso delle assunzioni è caratterizzato da una prevalenza di contratti a tempo determinato con il 54% del totale. Seguono i contratti a tempo indeterminato (18%), i contratti di somministrazione (14%), i contratti non alle dipendenze (6%), i contratti di apprendistato (5%), altre forme contrattuali alle dipendenze (2%) e i contratti di collaborazione (1%).
In molti settori, come si accennava, il lavoro c’è, ma non il personale da assumere. Si attesta complessivamente a 50,4% la quota di assunzioni per cui le imprese dichiarano difficoltà di reperimento (10,4 punti percentuali in più rispetto ad aprile 2021), che sale al 60,2% per operai specializzati e conduttori di impianti e macchine e al 55,2% per dirigenti, professioni con elevata specializzazione e tecnici.
Come mostra il Borsino delle professioni, le figure per cui la difficoltà di reperimento supera la soglia del 65% sono nell’ordine: personale generico nelle costruzioni (96,4%), tecnici della sanità, dei servizi sociali e dell’istruzione (74,2%), operai specializzati nelle industrie del legno e della carta (71,6%), dirigenti e direttori (69,2%), farmacisti, biologi e altri specialisti delle scienze della vita (66,7%), operai specializzati in altre attività industriali (66,7%).
I motivi che stanno alla base di questo mancato incontro fra domanda e offerta sono molteplici: si va infatti dalla mancanza di personale qualificato (in base alla formazione professionale o alla laurea), alla scarsa propensione originata da motivazioni di tipo culturale, alla poca attrattività dovuta al tipo di aspettative del lavoratore o al livello della retribuzione. —
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