Fra Croazia e Bosnia sale l’allarme per l’inquinamento dei grandi fiumi
ZAGABRIA Quelli più piccoli, gli impetuosi ruscelli e torrenti di montagna, sono da anni nel mirino di investitori spesso senza scrupoli, che li irreggimentano per creare piccole ma distruttive dighe da sfruttare poi per la produzione di energia elettrica. Ma anche quelli più conosciuti non stanno troppo bene.
Sono i fiumi dei vicini Balcani, il cui stato di salute appare assai precario, tra controlli carenti, spazzatura scaricata illegalmente, scarichi selvaggi e scarsa attenzione da parte delle autorità. Attenzione che resta invece alta da parte di ambientalisti e media locali, che negli ultimi mesi hanno lanciato allarmi ricorrenti sui problemi che affliggono i "giganti" dell'acqua balcanici.
L’ultimo in ordine di tempo è l’Sos lanciato dal portale Birn, che è andato ad analizzare la situazione della Sava, in Croazia, che pure appare uno dei corsi d’acqua meglio conservati e più puliti della regione. Ma anche le acque blu della Sava, in particolare in aree a ridosso di Zagabria, nasconderebbero pericoli seri, come «livelli allarmanti di due comuni antibiotici, la azitromicina e la eritromicina», ha sostenuto il portale citando analisi di un locale team di esperti dell’autorevole Istituto Rudjer Boskovic. La causa del problema, secondo Birn, andrebbe ricercata a Savski Marof, cittadina dove sorge uno degli impianti di produzione di uno tra i maggiori produttori di farmaci in Croazia. Il livello di antibiotici in certe parti del fiume sarebbe infatti così alto da essersi trasformato in una «incubatrice per microbi resistenti agli antibiotici, immuni alle sostanze che dovrebbero» teoricamente distruggerli e dunque rappresenterebbero una diretta «minaccia alla salute umana». «Inquinando l’ambiente con alti livelli di antibiotici, rischiamo di far emergere nuove forme di resistenza nei patogeni», l’allarmata denuncia dell’esperto di biomedicina Joakim Larsson.
Ma non c’è solo la Sava. Anche il grande Danubio – che tocca Vienna, Budapest e Belgrado - è risultato essere il fiume europeo più contaminato da antibiotici, ha svelato uno studio dell’Università di York, pubblicato l’anno scorso, mentre le analisi preliminari in corso per il prossimo Joint Danube Survey, uno dei più approfonditi studi regolari sulla qualità delle acque del fiume, hanno denunciato alti livelli di escherichia coli in Romania, Bulgaria e Serbia. E proprio per quanto riguarda la Serbia la sorpresa è relativa: nei giorni scorsi, infatti, la capitale Belgrado – che scarica tutto nella Sava e nel Danubio - ha annunciato in pompa magna un investimento da 270 milioni di euro per iniziare a creare il suo primo impianto di trattamento delle acque reflue. Nel frattempo, da Belgrado si continueranno a riversare 190 milioni di metri cubi di acque sporche ogni anno nei due fiumi, secondo stime del locale ministero delle Infrastrutture.
Anche in Bosnia la situazione è seria. Nei mesi scorsi avevano fatto scalpore le immagini di una vera e propria “isola” galleggiante di rifiuti in navigazione sulla verde Drina, con stime che dicono di 800 mila tonnellate di rifiuti che finiscono ogni anno nel corso d’acqua che attraversa Montenegro, Serbia e Bosnia. Rifiuti che arrivano anche dal Lim, nel sud della Serbia, affluente della Drina che sta vivendo problemi simili, e dove i media che hanno parlato in questi giorni di «fiume trasformato in canale di scolo» a causa delle 70 discariche presenti solo nell’area di Prijepolje. E lo stesso, secondo ambientalisti e giornali locali, avviene in Bosnia, a Tuzla e zone limitrofe, luoghi in cui polvere di carbone finisce nei corsi d’acqua locali. E poi nella Borska Reka, in Serbia, che si getta nel Danubio, ancora nella Sava, presso Belgrado, per gli scarichi di una mega-fabbrica cinese. E ancora il canale Vrbas-Becej e tanti, troppi altri, avvelenati da scarichi senza controlli, fognature senza depuratori. E colpevole distrazione da parte delle autorità. —
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