Fosse comuni in Russia, Serracchiani: "Portare a casa i resti dei nostri soldati"
TRIESTE Primi effetti dell'inchiesta del nostro giornale sulle fosse comuni scoperte con resti di circa ventimila soldati (anche italiani) in una località 600 chilometri a Nordest di Mosca. «Da presidente della Regione Fvg sento impellente la responsabilità di chiedere che il governo metta in campo tutte le azioni necessarie per portare l'opinione pubblica italiana a conoscenza dell'esito dei primi scavi di Kirov, nella speranza che il ritrovamento possa dare la possibilità ad alcuni connazionali di conoscere almeno il luogo di sepoltura del proprio caro».
Lo scrive la presidente del Friuli Venezia Giulia, Debora Serracchiani, al ministro della Difesa Roberta Pinotti, in riferimento al ritrovamento di una fossa comune nei pressi della città russa di Kirov, che potrebbe contenere i resti di molti soldati italiani, tedeschi e ungheresi uccisi o scomparsi soprattutto tra il dicembre 1942 e il gennaio 1943 dopo la rottura del fronte sul Don, come rivelato due settimane fa - con una serie di articoli esclusivi - da Il Piccolo.
«Una richiesta - ha spiegato Serracchiani - che ritengo ancor più doverosa in quanto il Friuli Venezia Giulia ospita il Sacrario di Cargnacco, dove riposano i corpi dei Caduti italiani in Russia».
La Regione - aggiunge Serracchiani - auspica che, come previsto dai trattati internazionali stipulati prima con l'Urss e poi con la Russia, l'Italia e gli altri Paesi interessati possano reperire e stanziare le risorse necessarie a procedere con una campagna di scavi che potrebbe prendere il via con il disgelo, nella primavera dell'anno prossimo.
«Finanziare i lavori nella sepoltura di Kirov - scrive Serracchiani - è un passaggio ineludibile per ritrovare i segni della presenza dei Caduti italiani ed eventualmente riconoscere qualcuno dei nostri Caduti per riportarne i poveri resti a Cargnacco».
«A questo appello aderisce anche la Regione Friuli Venezia Giulia - afferma infine Serracchiani - unita al resto della Nazione nel ricordo dei propri soldati dispersi in Russia: sono infatti oltre 50.000 i soldati italiani dell'Armir mai tornati dalla steppa russa e dai campi di prigionia e fra questi si contano oltre cinquemila friulani e almeno 1.300 triestini, istriani, fiumani e dalmati», inquadrati in tutte le divisioni inviate sul Don.
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