«Forzatura grave», «No, scelta giusta»: il crocifisso in aula divide i genitori

TRIESTE Si dividono sulla presenza del crocefisso in tutti gli spazi didattici, mentre sono sostanzialmente compatti nell’esprimere contrarietà al tetto del 30% degli stranieri nelle classi. I genitori triestini con figli iscritti alle scuole dell’infanzia hanno le idee chiare sui contenuti del nuovo regolamento, approvato lunedì notte in aula. Lo stesso che prevede anche l’introduzione del grembiulino per tutti gli iscritti.
I pareri di mamme e papà sono stati raccolti davanti ai cancelli di tre scuole cittadine: “Il tempo magico” di via Vasari, che ha una percentuali di stranieri del 34,8; “La scuola del sole” di via Manzoni, dove gli stranieri sono il 47,2% e il “Giardino incantato” di via Kandler, dove la percentuale è del 33. «Sono straniera perciò non posso essere d’accordo con la soglia del 30% alle iscrizioni di bimbi non italiani - spiega la prima mamma -. I miei figli sono in questa scuola da due anni e doverli spostare, allontanandoli quindi dai loro amici, non sarebbe corretto. Tra l’altro sono anche nati in Italia, quindi mi chiedo come verranno trattati». E il crocifisso in classe, nelle sale riunioni nell’aula mensa? «Non sono cattolica ma non mi dà fastidio, anche se penso che non sia giusto obbligare qualcuno a seguire una religione. La realtà è che non è il crocifisso che fa le persone, ma come si comportano».
Un papà di fede musulmana spiega che per lui il crocifisso non è un problema. «Sono di un’altra religione che mi ha insegnato a rispettare le idee degli altri quindi non mi preoccupo. Discorso diverso invece per il tetto sugli stranieri, anche perché i bambini dovrebbero essere tutti uguali senza distinzione di sorta visto poi che parlano italiano e sono pienamente integrati anche se hanno la pelle di colore diverso». Due mamme, sempre musulmane, concordano che il simbolo religioso «non è un problema. Invece pensiamo sia giusto mettere un tetto per gli stranieri visto che in effetti siamo in troppi e c’è il rischio che non ci sia integrazione». Una voce fuori dal coro, la loro, a cui si aggiunge quella di un’altra mamma, tra i pochi genitori a condividere la soglia del 30%. «Sono d’accordo con il Comune sul tetto agli stranieri, perché sono talmente numerosi che i nostri piccolini finiscono per essere in minoranza. Una mia amica che fa la maestra, ha un solo allievo italiano su 24 e non riesce neanche più a fare lezione. Giusto anche l’intervento sul crocifisso. Se io vado nel loro Paese devo rispettare le regole, qua da noi Gesù c’è sempre stato quindi non vedo il motivo per cui il crocefisso è stato tolto».
«Il crocifisso in classe? Sono favorevole al 100%», risponde correndo via una mamma, che però ammette di essere di parte. «Sono una catechista e non penso che da me ci possa aspettare una posizione diversa». «Sinceramente credo che sia sbagliato imporlo - replica invece un papà italiano -. Alla fine la nostra Costituzione ci dice che siamo un Paese laico, quindi imporre il simbolo di una religione penso sia scorretto». Una posizione sostenuta anche da un altro genitore.
«Parlano tanto di Gesù, poi sparerebbero contro il primo bisognoso. Se questi politici sono cresciuti con quel simbolo, forse possiamo anche farne a meno». «Sono nata con il crocifisso - racconta una mamma italiana -. Sono cattolica e per tutti noi cattolici è un simbolo, quindi fanno bene a rimetterlo. Sugli stranieri invece penso sia un discorso lungo, forse servirebbero più asili così ci sarebbe posto per tutti». «La religione fa bene - aggiunge un’altra signora - quindi non ci vedo nulla di negativo, anzi». Un papà invece racconta di essere l’unico in famiglia a non avere la cittadinanza italiana «mentre mia moglie e la bimba ce l’hanno. Sinceramente non conosco bene il nuovo regolamento, ma penso che la cosa non ci riguardi. Quanto al crocifisso, buh, non ho un’idea precisa».
«Credo che sia una imposizione inaccettabile - attacca invece una signora dell’Est Europa - anche perché l’Italia è un Paese che lascia libertà ai suoi cittadini. Vero che c’è una forte presenza di cattolici, però mi sembra che i politiche hanno voluto questo provvedimento puntino a lavarsi la coscienza con un simbolo piuttosto che a comportarsi da cristiani. È inutile mettere le croci e poi sparare sui migranti, alla fine anche Gesù lo era».
«Io sono diventata cittadina italiana - racconta invece un’altra donna, sempre dell’Est - mentre mio marito non lo è ancora. Del crocifisso mi interessa poco, sono preoccupata che mia figlia venga spostata in un’altra scuola. Fa ridere anche perché parla l’italiano meglio dei suoi compagni di scuola». Una ragazza che attende di poter entrare per recuperare uno dei figli pensa che «in un Paese libero il tetto del 30% sia una cosa ingiusta. Il crocifisso invece va bene perché un simbolo della nostra realtà». —
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