Forza Italia avverte la Lega: «Senza di noi non si vince»
UDINE. «Se andranno bene coalizione, programmi e candidati, parleremo con tutti a centrodestra. Altrimenti ci muoveremo da soli, non siamo zerbino di nessuno». Sembra di sentire la Lega Nord e invece è Sandra Savino, coordinatrice regionale di Forza Italia. Avviso ai naviganti dell’opposizione: gli azzurri ci credono, vogliono superare le divisioni, chiedono i congressi, si propongono guida della coalizione, rivendicano la Regione. E si rinfrancano davanti a una sala da tutto esaurito (500 persone) al Là di Moret di Udine.
“Facciamo il punto” è il titolo che la triade al comando – con Savino anche Riccardo Riccardi e Massimo Blasoni – ha dato alla convention che segna (forse) la svolta. Il primo chiarimento è di quelli che pesano: Renzo Tondo non fa più parte del progetto. Scaricato senza appelli dopo l’avvicinamento a Corrado Passera e alla sua “Italia unica”. Inizia Riccardi: «Non mi sono arrabbiato perché ha fatto il grande elettore (per l’elezione del Capo dello Stato, ndr) al posto mio. Bastava però che lo dicesse prima, quando gliel’abbiamo chiesto. Così come gli avevamo chiesto di fare il segretario, il capogruppo, il candidato alle europee. Prendo atto che ha preso strade diverse». Rincara la dose Blasoni: «Finalmente Tondo ha fatto una scelta. Speriamo che non cambi idea come al solito».
Archiviato Tondo, c’è da avvertire gli alleati, Lega in testa. «Chi si immagina di fare senza di noi, si accomodi. Con questo popolo – dice Riccardi davanti alla gente in piedi pensando a chi governa – quelli non vincono». «L’auspicio è all’unità – aggiunge Blasoni –. Ma abbiamo idee e uomini, siamo un grande partito che può ricostruire un’alternativa: rivendichiamo un candidato di Fi per la Regione». Sin dalle prossime amministrative, ribadisce Savino, «possiamo anche andare da soli se non troviamo convergenza, a partire da chi fa la stampella del Pd. Basta condizionamenti, anche perché senza di noi non si va da nessuna parte». C’è anche la volontà di cambiare metodo. Le primarie, anche se non se ne parla, non sono più un tabù e la coordinatrice Fvg fa sapere di aver chiesto a Berlusconi l’autorizzazione a dare il via ai congressi.
Stile e toni diversi, ma gli intenti sono comuni. Il repertorio è quello consolidato dei valori, del programma, del ruolo all’interno del centrodestra. «Come abbiamo detto in aula a Serracchiani – dice Riccardi –, noi la vogliamo battere con una proposta politica alternativa, fondata sulla nostra storia, capace di combattere un modello in cui la presidenza della Provincia di Pordenone si decide in una stanza del Pd». Una battaglia decisiva, insiste Riccardi, «in un Paese dove per la prima volta il presidente del Consiglio non può votare il presidente della Repubblica. E in una regione in cui la maggioranza, che pure si vanta che le sue leggi non vengono impugnate a Roma, va dallo Stato col cappello in mano e si fa dire quello che deve fare». Anche Blasoni guarda alla capitale, ma la riflessione è politica: «Finalmente siamo contro il governo di un premier che rappresenta in pieno il vecchio. Uno che non ha mai lavorato nella vita. Non dobbiamo perciò avere complessi di inferiorità – continua il forzista friulano snocciolando i dati migliori del governo Berlusconi su Pil e occupazione –, dobbiamo al contrario essere vera opposizione a questa sinistra che fa sedute notturne per discutere la riforma elettorale e non mette nemmeno lontanamente lo stesso impegno per emergenze economiche e lavoro».
Il rilancio del progetto passa anche per la presa d’atto della crisi del partito. «Dobbiamo partire responsabilmente dalla ricostruzione di Fi – chiarisce Blasoni –. Fa riflettere il modo in cui Salvini ha ridato forza a una Lega quasi allo sfascio. Ha saputo dire cose chiare, prendere posizioni nette, andare sul territorio. In questo dobbiamo copiarlo». «Ritorniamo in piazza e nelle case – incalza anche Riccardi –: questo è il partito che dobbiamo costruire, anche per sconfiggere un leaderismo che, attraverso gli strumenti di comunicazione, sta distruggendo democrazia e partecipazione». Mentre Savino fa appello all’unità e alla coesione.
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