Fondo Trieste senza fondi e verso l’estinzione
Mentre si preme sul governo per non perdere il finanziamento 2008 si «scopre» la giacenza
di Furio Baldassi
di Furio Baldassi
Antonio Paoletti, presidente della Camera di commercio
La classe politica preme sul governo per rifinanziare il Fondo Trieste. Disegna scenari apocalittici per l’asfittica economia locale se dovesse chiudersi quel rubinetto. Rivendica, col parlamentare Ettore Rosato, il versamento dei fondi già stanziati ma ancora non distribuiti. Tutto vero, ma guastato da almeno un peccato originale: i finanziamenti che, tra il 2000 e il 2007, hanno regolarmente trovato dei beneficiari ma non sono stati mai riscossi. E non si tratta di spiccioli ma di un fiume di denaro. Per la precisione 32 milioni e 700mila euro. Congelati. In attesa. A rischio di perenzione, che nel burocratese significa, in estrema sintesi, recupero di finanziamenti che non sono stati utilizzati entro un determinato margine di tempo.
L’allarme viene lanciato da Antonio Paoletti, presidente della Camera di commercio («Non so i motivi per i quali non sono stati usati ma so che rischiamo di perdere anche quelli...»), ed è su questo punto che si apre la discussione.
Perché, mentre il presidente del Fondo Trieste, Bruno Marini, ammette l’esistenza di quel tesoretto inutilizzato («È vero, ed è una vergogna») si scopre anche che l’impasse è stata causata da una legge pensata dal governo Prodi e perfezionata da quello di Berlusconi. Una legge che, in pratica, ha cambiato le carte in tavola.
«Nella Finanziaria – racconta Sergio Lupieri, consigliere regionale del Pd e segretario del Fondo Trieste – è comparsa l’indicazione che mentre prima si potevano appunto rendicontare gli interventi in sette anni, adesso bisogna farlo in tre anni, un margine decisamente ristretto per la burocrazia di casa nostra». «La perenzione non ci aiuta, è preoccupante – conferma il presidente della Provincia ed ex referente del Fondo Trieste Maria Teresa Bassa Poropat – considerati i tempi medi di una gara. Dirò di più: in tre anni non si riesce a fare praticamente niente! Per questo, a mio avviso, la contraddizione tra fondi stanziati e fondi utilizzati è solo apparente. Ne abbiamo discusso nell’ultima riunione, con il sindaco, che sosteneva appunto quella tesi, ma anche Dipiazza sa che i tempi medi delle amministrazioni e degli enti per interventi di un certo spessore vanno ben al di là di un triennio...».
Resta la preoccupazione. Aggravata dal fatto che, per dirla con Marini «è difficile in questa situazione chiedere il rifinanziamento». «Ci sono dentro tutti – incalza il presidente – ma bisogna ricordare che molto spesso le procedure per spendere sono estremamente lunghe, nel passaggio tra gara d’appalto e progetto esecutivo. Il sistema burocratico, non ci piove, è estremamente lento.
È altrettanto vero che una cifra così è una cosa incredibile. Non voglio crocifiggere nessuno, non ho l’evidenza delle cifre, ma voglio fare una ricognizione caso per caso per capire. Ho chiesto alla commissione di avere il quadro preciso di tutte le cifre stanziate ma non spese. Va assolutamente verificato, caso per caso, posta per posta se ci sono gli estremi per revocare il finanziamento. Credo che forse li potremmo anche recuperare».
«Invito pubblicamente il presidente Bruno Marini a convocare subito la Commissione Fondo Trieste – conclude Lupieri – con la partecipazione dei sei parlamentari locali per avviare quanto prima iniziative bipartisan finalizzate a sbloccare i fondi già stanziati a favore del territorio, ed ottenere il rifinanziamento del Fondo. Un incontro ancora più necessario per convincere chi non considera il fondo uno strumento difendibile «in quanto il confine non esiste più» (Menia di An ndr) che è vero proprio il contrario».
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