Fondo Trieste salvo ma ridotto di dieci volte

Dai 15 milioni del triennio scorso a 1,5. Camber: ma manteniamo la bandiera
Dai 65 miliardi di lire (c’erano ancora quelle) del 2001 siamo sideralmente lontani. E rispetto all’ultimo stanziamento, quello da 5 milioni di euro all’anno per il periodo 2007-2009, la cifra si riduce a mezzo milione di euro per annata, dal 2009 al 2011, per un totale di un milione e mezzo. Ma il senatore forzista Giulio Camber lo dice chiaro: «Il dramma è per tutti. E si trattava di mantenere la bandiera». E nemmeno l’opposizione - dopo gli appelli e gli attacchi delle scorse settimane - alza di troppo i toni: «Prendiamo atto che le risorse sono risibili. Ma almeno è stato conservato il principio secondo cui il Fondo Trieste è uno strumento utile per la città: anche il centrodestra ha fatto marcia indietro», commenta il deputato del Pd Ettore Rosato. Ieri mattina la commissione bilancio del Senato ha accolto un emendamento che rifinanzia (con importi uguali) i Fondi Trieste e Gorizia facendoli risorgere dopo la cancellazione operata nel testo originario del governo. Nel documento è ora confermato l’importo di 3 milioni 862 mila euro (i 5 milioni originari sono stati tagliati tempo fa) per il 2009, cui si aggiunge il mezzo milione arrivato ieri. In entrambe le caselle, 2010 e 2011, figurano poi 500mila euro. In attesa di tempi migliori che permettano, chissà, di rimpinguare l’anno prossimo il mezzo milione magrolino. Oppure del perdurare di una crisi che porti alla fine definitiva del Fondo, al termine di un’agonia che si sta protraendo da anni. Bruno Marini, il presidente forzista-pidiellino della commissione che a Trieste gestisce gli stanziamenti, la mette così: «Tempo fa dissi che temevo di dover ricoprire la carica di commissario liquidatore: ero terrorizzato. Oggi spero di dedicarmi a fare l’anestesista-rianimatore...» Alla cifra finale si è arrivati dopo una sfilza di contatti e riunioni romane, ultima quella della scorsa settimana tra i senatori forzisti Giulio Camber e Ferruccio Saro e del sindaco di Gorizia Ettore Romoli con il presidente della Commissione bilancio del Senato Antonio Azzolini, che anche ieri Camber ringraziava per il «lavoro svolto». L’azione di lobby del sottosegretario di An Roberto Menia (che pure pubblicamente giorni fa ammoniva a non attardarsi a considerare il Fondo uno strumento ancora difendibile, dopo la caduta dei confini) avrebbe fatto il resto per convincere la capitale che Trieste e Gorizia di quei soldi pubblici hanno bisogno ancora, eccome. Ma tant’è. Nella prima versione dell’emendamento presentato dai senatori Saro, Collino e Camber assieme alla senatrice Pd Tamara Blazina e ad altri parlamentari si sperava di più: 500 mila euro per il 2009 e il 2010, 4 milioni nel 2011. L’ultima versione - quella approvata, appunto - ha ridotto le aspettative. Resta il fatto che 500mila euro ad annata, rispetto alle decine e decine di richieste di finanziamento che giungono tanto dagli enti locali quanto dalle aziende per finire con l’associazione di turno, sono strettissimi. Il 12 dicembre la Commissione del Fondo si riunirà per fare il punto. Dedicandosi innanzitutto a capire chi aiutare con il «positivo recupero», come lo chiama la presidente della Provincia Maria Teresa Bassa Poropat, dei soldi che arrivano sulla posta 2009. La proposta di Marini, come presidente («ma poi deciderà la collegialità») sarà quella di rimpolpare il capitolo dei «lavori pubblici», quello in cui confluiscono le richieste di importi relativamente modesti per ristrutturazioni di sedi o strutture di società e associazioni. «Io credo che la prima cosa da fare sarebbe verificare chi in realtà era già partito con i lavori e dunque si era già esposto finanziariamente», commenta Bassa Poropat. La quale però ricorda come lo spirito originario, a metà anni Cinquanta, sia stato quello di sostenere l’economia e l’impresa cittadina. Nato come volano di rilancio di un’economia tranciata dal confine, il Fondo infatti nel tempo si è trasformato in un capitolo cui attingere per i versanti più disparati, dalle bonifiche al porto, dai teatri alle canottiere. Nell’ultimo riparto, quello del 2007-2009, la commissione aveva però deciso di privilegiare il sostegno agli assi strategigici di industria, porto e ricerca, cui aveva destinato il 56,6% del totale di riparto. Come andranno utilizzati i soldi per il futuro, è tutto da decidere. Per ora, più che altro, resta il principio: «In due città come Trieste e Gorizia che vivono un quadro geopolitico cambiato negli ultimi tempi, il Fondo è necessario», ribadisce il senatore Pd Flavio Pertoldi. Mentre il segretario della commissione del Fondo Sergio Lupieri (Pd) annota come «l’avere mantenuto in vita lo stanziamento significhi che il governo riconosce la giustezza del protocollo d’intesa Prodi-Illy che prevedeva il rifinanziamento del Fondo». Prima di iniziare a ragionare su come ripartire i fondi in arrivo, restano comunque da risolvere - come ricorda Lupieri - due nodi sul pregresso. Il primo è che nemmeno i 4 milioni relativi al 2007 sono ancora stati trasferiti da Roma, a fronte di finanziamenti già destinati e rendicontati da chi li ha richiesti e si trova dunque esposto finanziariamente. L’altro problema riguarda i quasi 33 milioni di risorse rientrate nelle casse della capitale perché non utilizzate: portato da sette a tre anni il termine massimo entro cui rendicontare le cifre spese per farsele accreditare, «molti enti non sono stati in grado di provvedere», ricorda Lupieri, restando dunque a bocca asciutta. Per ora, il sindaco Roberto Dipiazza - che qualche anno fa sollevò un polverone denunciando come ormai finito il tempo delle sovvenzioni romane a pioggia - si limita a sottolineare come «le polemiche politiche non abbiano senso», perché finora - dice - il Fondo a Trieste è comunque arrivato. Sebbene in formato mignon, dopo che alla Camera era stato del tutto bocciato.

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