Fondazione Crt primo bilancio in rosso «Gli aiuti non calano»

Svalutate le partecipazioni. Paniccia: passo di prudenza, la realtà è sana. Nel 2013 oltre 6 milioni di erogazioni: la linea resta questa
Silvano Trieste 22/07/2014 Massimo Paniccia, Fondazione CRT
Silvano Trieste 22/07/2014 Massimo Paniccia, Fondazione CRT

Per la prima volta il conto economico della Fondazione CRTrieste ha chiuso in negativo. Con un disavanzo, relativo al bilancio d’esercizio 2013, di 68 milioni e 28.383 euro, frutto in realtà della svalutazione di immobilizzazioni finanziarie pari a -71 milioni e 592.325 euro. Niente paura però, assicura il presidente Massimo Paniccia: la Fondazione è sana, ha liquidità, non vi sono nubi nere all’orizzonte e le erogazioni sono non solo assicurate, ma si manterranno al livello dello scorso anno. Quando vennero distribuiti oltre 6 milioni di euro sul territorio, cui sommare i benefici derivanti e collegati. Quel segno meno, insomma, è frutto di adeguamenti finanziari di natura esclusivamente contabile, con il prudenziale riallineamento del valore delle partecipazioni al patrimonio netto e non più al loro valore di acquisto.

Presidente Paniccia, per la prima volta il segno meno. C’è da preoccuparsi?

No, non c’è da preoccuparsi. Non va a intaccare la nostra capacità e la proiezione di investire così com’è il mercato oggi. Il cda ha assunto l’impegno di erogare nella stessa maniera del 2013 anche quest’anno e il prossimo.

Come mai la decisione di svalutare le partecipazioni?

Prudenzialmente abbiamo anticipato ciò che sta emergendo come indicazione Acri per le fondazioni. Una prudenza solo di valutazione, perché ciò che conta è il rendimento: l’investimento in Cassa depositi e prestiti ha generato una plusvalenza di 24 milioni. Abbiamo deciso: prendiamo il patrimonio netto, con un riallineamento sulle partecipazioni. Ciò che conta è se mi danno dividendo, non quanto vale l’azione. Abbiamo anticipato le indicazioni Acri. Le erogazioni - e sin qui siamo arrivati a 158 milioni di euro in tutto - dipendono dal rendimento, dagli investimenti. Che fortunatamente abbiamo diversificato.

Ma quella parte di azioni Unicredit cedute sul mercato?

Abbiamo avuto la fortuna di fare operazioni, negli anni, con Unicredit, con plusvalenze anche di 20 milioni che ci aiutano ad avere questa solidità. Con una liquidità totale di 70-80 milioni di euro. Abbiamo asset importanti: Unicredit, Mediocredito, L’Espresso. Io credo ora inizi un ciclo economico più favorevole, sono moderatamente ottimista sugli investimenti finanziari.

Mediocredito: qualcuno si chiede il perché di questa partecipazione posto che si tratta di un soggetto che investe molto in Friuli, meno a Trieste.

Mediocredito è una realtà regionale. In Friuli Venezia Giulia ha due miliardi di monte impieghi, a Trieste mi pare 300 milioni. L’ordine di grandezza è quello. Per il nostro territorio è dunque una base importantissima per le imprese locali, che hanno uno strumento per l’agevolato e il corrente a disposizione. Anche “in alternativa” al mercato del credito, negli ultimi anni un po’ stitico. Credo Mediocredito abbia svolto bene il suo ruolo nel territorio.

L’operazione Hera vi ha portato oltre un milione e mezzo lo scorso anno. Come si rifletterà sul 2014?

Abbiamo ceduto la partecipazione in Hera con una plusvalenza di quasi 4,5 milioni (4 milioni e 418mila euro, ndr). Se tirassimo un bilancio dei rischi corsi con la partecipazione in Acegas, sottoscritta inizialmente a 10,5 (prezzo di collocamento della singola azione al momento della privatizzazione, ndr) e arrivata nel 2012 a valere anche 3, sul piano industriale l’operazione Hera è stata straordinaria. Ha permesso al Comune di avere una bella partecipazione e un tesoretto (di oltre 27 milioni di euro, ndr), e permesso alla Fondazione una plusvalenza con un delta di quasi 20 milioni.

La capacità di erogazione della Fondazione rimarrà quindi immutata?

Nel 2013 abbiamo erogato sei milioni e 100mila euro (cui si sommano 3,2 milioni in termini di indotto, con forniture, servizi e contribuzioni fiscali che hanno portato beneficio alla città, ndr). La linea è questa anche per 2014 e 2015. Certo, mi auguro che i posizionamenti dopo la rivalutazione del patrimonio ritornino a cifre più alte. Ma ciò che conta è il reddito, non la valutazione.

Ipotesi di fusioni in vista?

È un argomento mai sfiorato. Anche qua si potrebbe fare un ragionamento di sistema, come sta avvenendo sulle camere di commercio con una riforma che per esempio potrebbe vederne al massimo una o due in Fvg. Noi siamo un ente privato con finalità pubbliche e c’è sempre un ministero che è la nostra authority di controllo e che potrebbe riscrivere una legge e dire: una fondazione al massimo per regione. Non dipende da noi.

L’idea, comunque, non partirà da Trieste. No?

Ci sono peculiarità diverse come territori. Conviene rimanere come siamo.

A proposito di territorio, cosa ne pensa delle discussioni sul tema contenitori, palazzo Carciotti incluso, e congressi a Trieste?

Penso che i congressi siano stati e possano essere per Trieste una fonte di attività. Se la città può farne anche di tipo convegnistico, c’è da trovare una soluzione. Trieste ha sempre avuto un punto di forza nella convegnistica: noi stiamo collaborando con PromoTrieste, abbiamo deliberato di sostenerla. La vocazione turistica della città è indubbia: Eataly va in questa direzione. Bisogna spingere, fare le cose, essere attrattivi. Inoltre assieme alla Provincia abbiamo avviato il progetto di riqualificazione di tutte le strutture a disposizione, partiamo da quello: valorizziamo e recuperiamo il patrimonio della città che può essere messo a reddito e a profitto. Muove l’edilizia, è trainante. Le imprese sane e lungimiranti investono in momenti di crisi perché costa meno. E lo Stato dovrebbe essere più attento a mettere meno vincoli e a facilitare.

Cosa pensa dei tre anni di amministrazione Cosolini?

Oggi è difficile amministrare. La gente vive con un dubbio forte sul futuro, non possiamo dimenticare che il Paese ha un debito pubblico enorme. Si parla di Fondo Italia o di patrimoniale, o di un misto delle due cose: bisogna riuscire a trovare un modo vero e serio di abbattere il debito pubblico per il rilancio anche verso la comunità internazionale. Un Paese che non fa attenzione alla propria esposizione debitoria non è credibile. Dobbiamo essere attrattivi e risolvere i problemi di fondo: debito pubblico e burocrazia. Poi le rendite di posizione sono un altro problema da affrontare. Oggi la cosa più difficile è amministrare la cosa pubblica.

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