Fondazione Casali, stop alle domande di aiuto
«Causa le troppe domande ricevute e ancora da evadere non si accettano per il momento altre buste». Con questo messaggio affisso alla porta d’entrata della sua sede, la Fondazione Alberto e Kathleen Casali denuncia una situazione ormai ingestibile. Le richieste di aiuto sono triplicate, così come pure la disperazione. Fuori dal portone al civico 3 di via Beccaria, fino a poco tempo fa, ogni lunedì e mercoledì chi sperava di strappare un aiuto si accampava all’alba fuori dal portone attesa che alle 8.30 aprissero gli uffici. E poi si spingevano, si minaccivano per cercare di passare l’uno davanti all’altro per riuscire a parlare con gli addetti entro le 10.30, prima che le porte della Fondazione si richiudessero.
Una lotta tra poveri che condita dalla disperazione ha creato momenti di tensione. I condomini e i residenti della zona hanno avuto da ridire, il personale era esasperato e spesso preso a male parole da chi non otteneva quanto sperava. E’ a quel punto che i vertici della Casali hanno optato per sistemare due guardie giurate nell’atrio dello stabile adottando un nuovo metodo di gestione delle richieste.
«Ora chi ha bisogno di un aiuto – spiega la segreteria – ritira un modulo che le guardie giurate distribuicono il lunedì e il mercoledì dalle 8.30 alle 10.30, lo compilano e poi lo inseriscono nella nostra cassetta della posta». Le domande vengono valutate dal comitato di beneficenza – formato da un rappresentante segnalato dal Vescovo, uno dall’Associazione Industriali, uno dalla Comunità Ebraica, uno dal Comune e uno dal consiglio di amministrazione della stessa Fondazione - e chi ha le caratteristiche per usufruire di un aiuto viene convocato negli uffici. «Ma il numero di richieste pervenute è talmente elevato che non riusciamo a gestirlo, – spiegano dalla segreteria – sistemando quel cartello sul portone abbiamo detto stop per un periodo alla raccolta delle domande di aiuto». «Non suonare ad altri condomini – si legge ancora nel cartello sistemato fuori dalla sede – non inserire buste nella cassetta della posta perché verranno gettate. Non siamo responsabili per eventuali bollette in scadenza lasciate all’interno». Perché malgrado l’invito a non rivolgersi alla struttura per un breve periodo, le persone continuavano a bussare alle porte dei vicini, a recapitare buste zeppe di bollette scadute. Una sospensione comunque momentanea. I cittadini in difficoltà potranno nuovamente presentare le loro richieste di aiuto. La Fondazione Casali ha l’abitudine di non dare denaro in mano ma di pagare direttamente bollette o affitti. «Elargiamo in media 450 mila euro all’anno – spiega il presidente della Fondazione Casali, Francesco Slocovich – ma quest’anno se avessimo dovuto assecondare gran parte delle richieste avremmo già esaurito i fondi a disposizione». Va evidenziato, per cogliere la gravità della situazione, che la Fondazione Casali, da statuto, dà sostegno a chi ha la cittadinanza italiana. «E a bussare alla nostra porta – segnala la responsabile della segreteria – ci sono ormai anche ex lavoratori della Diaco o della Sertubi». «Le richieste aumentano in maniera esponenziale valuta Slocovich – e i redditi dal patrimonio che gestiamo diminuiscono. Invitiamo chi ha ad aiutare attraverso realtà come la nostra chi è più sfortunato. Da soli non ce la facciamo più: serve aiuto da tutta la città».
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