Foibe, il Consiglio “scomunica” il Vademecum degli storici

TRIESTE Se la politica “scomunica” gli storici. Sta suscitando un dibattito di proporzioni nazionali la mozione approvata nei giorni scorsi dal Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia, in cui si bolla come «riduzionista» il Vademecum sul Giorno del Ricordo pubblicato dall’Istituto regionale per la storia della Resistenza (Irsrec). Il testo sortisce il paradossale effetto di colpire uno degli autori, il professor Raoul Pupo, autorità riconosciuta in materia, a tal punto da esser stato convocato dallo stesso Consiglio regionale, all’inizio di febbraio, per tenere un’orazione proprio sul Giorno del Ricordo.
Qui il link al pdf del volume "Vademecum per il Giorno del Ricordo"
Andiamo con ordine. A fine marzo il Consiglio ha approvato una mozione firmata dal forzista Piero Camber e dal leghista Giuseppe Ghersinich volta a «sospendere ogni contributo finanziario, patrocinio o concessione a beneficio di soggetti pubblici o privati che, direttamente o indirettamente, concorrano con qualunque mezzo a negare o ridurre il dramma delle Foibe e dell’Esodo». Il documento cita esplicitamente il Vademecum, «con cui si vuole diffondere una versione riduzionista della storia della pulizia etnica perpetrata dai partigiani titini».
Ma cos’è il Vademecum? I testi sono degli storici Gloria Nemec, Raoul Pupo e Anna Vinci, le mappe di Franco Cecotti. Sul sito dell’Irsrec il documento viene presentato come segue: «Ogni anno, nell’imminenza del 10 febbraio, operatori politici, della comunicazione e della scuola si trovano a dover commentare i passaggi cruciali di una storia obiettivamente complessa come quella della Frontiera adriatica nel ’900. Nella miriade di voci è difficile trovare informazioni rigorose e sintetiche, mentre abbondano semplificazioni e deformazioni interpretative. Il Vademecum vuole offrire un contributo di chiarezza e praticità di consultazione». Il testo è di fatto una sintesi dell’argomento, su posizioni analoghe a quelle che si possono trovare nei libri d’esame di qualsiasi corso monografico dedicato al tema in un Dipartimento di Storia contemporanea. Libri che, molto spesso, è stato lo stesso Pupo a scrivere, essendo il professore uno degli storici più accreditati in materia. Si tratta di analisi storiche, di certo molto distanti dai toni adottati di recente da esponenti politici come Matteo Salvini o Antonio Tajani, che lo scorso 10 Febbraio alla Foiba di Basovizza hanno suscitato polemiche internazionali.
La notizia è accolta dal professor Pupo come segue: «Ci troviamo davanti a un’istituzione che pretende di decidere a maggioranza sulla verità storica, basandosi su pregiudizi travestiti da analisi storiche. Gli studi storici “moderni” a cui la mozione fa riferimento, di fatto, non esistono. Allo stesso modo il Consiglio regionale potrebbe decidere che la Terra è piatta e marginalizzare chi sostiene il contrario». Pupo rivendica poi il ruolo dell’Irsrec: «La riscoperta, più di vent’anni fa, delle vicende del confine orientale, in sede scientifica è avvenuta non da parte della storiografia nazionalista, che in Italia non esiste, ma da quella antifascista democratica. Quindi è stata gestita in termini rigorosi e non retorici. Ciò non è mai stato digerito da chi invece preferisce un modo di accostarsi al passato emotivo e ideologico, che si presta meglio alla strumentalizzazione, specie in prossimità delle campagne elettorali». Conclude lo storico: «Questa è una vendetta che viene da lontano e forse non tutti quelli che hanno votato la mozione se ne sono resi conto».
Su una posizione analoga troviamo il presidente dell’Istituto Mauro Gialuz: «Vent’anni fa, quando di questi temi in termini scientifici non si occupava nessuno, il nostro Istituto fu il primo a fare delle ricerche affrontando il confine orientale nella sua complessità, al di là della speculazione politica. È gravissimo che una maggioranza politica si arroghi il diritto di censurare o orientare la ricerca storica. Questo è un precedente che dovrebbe far riflettere tutti». La politica si svincola così dall’obbligo di fare i conti con la verità storica: «Parlare di bambini uccisi a Basovizza come ad Auschwitz, come fatto nel febbraio scorso, non è storia, è propaganda», conclude Gialuz. Sul tema scrive Paolo Pezzino, presidente dell’Istituto nazionale Ferruccio Parri, che coordina i vari organismi locali dediti allo studio del movimento di liberazione: «Una gravissima presa di posizione del Consiglio Fvg. All’unanimità, senza gli esponenti del Pd usciti prima della votazione. Con l’approvazione dei 5 Stelle. Una censura senza precedenti rispetto a un’operazione storiografica condotta dall’Irsrec secondo i canoni della ricerca scientifica. Si torna al pensiero unico, al rifiuto del libero dibattito, confondendo negazionismo ed esercizio della libertà di ricerca e di critica. Una vicenda che non può restare senza una forte risposta da parte di tutti I democratici».
Nel frattempo il consigliere di Open Fvg Furio Honsell, che aveva votato a favore del testo, è tornato sui propri passi: «Non vi è dubbio che la mia decisione di votare a favore, martedì scorso, la mozione sul “negazionismo” sia stata un grave errore di valutazione del quale chiedo scusa a chi si sia sentito offeso. Ritratto nel modo più categorico questo voto se viene interpretato come un cedimento nei confronti di una rilettura fascista della storia».—
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