Flop del concorso per infermieri in Fvg: ammessi all’orale in 124 ma i posti scoperti sono 639 posti

TRIESTE Al concorso pubblico per 639 posti da infermiere indetto dall’Arcs, l’Agenzia regionale di coordinamento per la salute, meno del 25% dei candidati supera la prima prova. Più precisamente dei 966 aspiranti infermieri che avevano inoltrato la domanda, allo scritto se ne sono presentati in 506: 311 non l’hanno passata e dei 195 ammessi alla prova pratica solo in 124 sosterranno l’orale.
Se la Regione e l’Arcs, attraverso il concorso, pensavano di sanare la cronica carenza di personale, insomma, l’obiettivo è mancato. Più della metà dei partecipanti allo scritto ha ricevuto un voto inferiore ai 21/30 limite minimo per ottenere la sufficienza.
Difficile dire se il livello della preparazione dei 506 era troppo basso o se le pretese di chi ha predisposto la prova eccessive, certo è che solo in 124 sono stati ammessi all’orale. Si tratta «di un risultato deludente e preoccupante per l’intero sistema sanitario regionale» affermano le organizzazioni sindacali soffermandosi su un dato: «Molti dei professionisti non ammessi – scrivono i segretari regionali della Funzione pubblica di Cgil, Cisl e Fials, Giuseppe Pennino, Andrea Traunero e Fabio Pototschnig – stanno già lavorando nelle aziende e continueranno a garantire il loro apporto da precari».
In un’altra nota, a conferma che il sindacato è spaccato al suo interno, pure i segretari della Uil e del Nursind, Stefano Bressan e Luca Petruz, si chiedono: «Il sistema sanitario regionale quanto reggerà a queste sollecitazioni?».
Lo scorso dicembre l’Arcs ha pubblicato il bando di concorso per selezione 639 infermieri: 85 per l’Asfo e il Cro di Aviano, 308 per l’Asugi e il Burgo Garofolo, 240 per l’Asufc e 6 per la stessa Arcs. Ma, ben che vada, saranno solo 124 i nuovi arrivi. «È evidente che, con questi numeri, la carenza non si risolve» ammette il direttore generale dell’Arcs Joseph Polimenti, secondo il quale il sistema sanitario regionale e nazionale stanno scontando le conseguenze dello storico deficit di programmazione. Ovvero i numeri programmati delle immatricolazioni ai corsi di laurea sulla base delle esigenze regionali definite di anno in anno, il calo demografico e la minor propensione a svolgere questa professione da parte dei giovani. Resta il fatto che nei reparti ospedalieri e nei servizi territoriali mancano almeno 500 infermieri – Uil e Nursind stimano il doppio – e che non si arresta la fuga verso le strutture private, dove i turni sono meno faticosi e gli stipendi più alti.
«Da qui in avanti la situazione diventerà emergenziale. Quest’anno ci saranno ulteriori pensionamenti e dimissioni per vincite di concorsi fuori regione, altri passaggi alla sanità privata e aperture di partite Iva» avvertono Bressan e Petruz, secondo cui «le Aziende saranno costrette a ripiegare su avvisi a tempo determinato per reclutare, in tempi brevi, nuovi infermieri». «Forse – affermano Pennino, Traunero e Pototschnig – è il caso di pensare ai concorsi aziendali anziché centralizzarli a livello regionale».
E tutti ora temono una fuga dei non ammessi verso altre regioni.
g.p.
Riproduzione riservata © Il Piccolo