Fiume perde un quarto di abitanti

Il crollo del sistema economico jugoslavo ha privato il capoluogo di 40mila cittadini in vent’anni

FIUME. Da locomotiva dello sviluppo economico jugoslavo al ruolo di semplice utilitaria nella giovane Repubblica croata, effetto di una deindustrializzazione che ha portato anche ad un vistoso calo demografico. Questa è Fiume, città che in soli 20 anni ha perso circa un quarto della popolazione, passando da 168 mila abitanti nel 1991 agli attuali 128 mila, come testimoniano i primi dati emersi dal censimento nazionale tenutosi tre mesi fa.

Negli ultimi dieci anni, la città dell’aquila bicipite ha subito una perdita secca di 15 mila abitanti, il che ha aperto la strada a dibattiti, commenti e a dure prese di posizione contro gli amministratori di Fiume, dal 1945 in poi di sinistra o di centrosinistra. I responsabili del Partito socialdemocratico, schieramento guida della coalizione dominante, sono dell’opinione che il calo demografico dipenda dall’assetto territoriale nato nel 1993, quando nacquero contee e nuovi comuni. Allora la municipalità di Fiume venne lacerata in più parti, dando vita ai nuovi comuni di Castua, Viskovo, Clana, Jelenje, Cavle, Kostrena, Buccari e Portoré.

«Territorialmente Fiume è stata ridotta ai minimi termini – così l’ex sindaco Slavko Linic, in carica dal 1993 al 2000 – è praticamente impossibile costruirvi alloggi, ancor meno uno stabilimento industriale. Al passaggio di consegne tra Jugoslavia e Croazia l’industria fiumana è crollata e la città si è orientata verso il terziario e la cultura. Ciononostante il nostro capoluogo registra comunque una crescita del Pil, a differenza di tante altre città della Croazia». Alla botta dei 40 mila abitanti in meno in soli 20 anni si aggiunge un altro numero impressionante: dal 1991 ad oggi Fiume ha perduto circa 30 mila posti di lavoro.

In base ai dati della Camera d’Economia a Fiume, in città sono presenti 3mila 882 aziende, di cui 16 grandi, 33 medie e 3mila 833 piccole (da 20 a 50 impiegati). Per il demografo Andjelko Akrap, docente alla facoltà d’Economia di Zagabria, il fattore economico è decisivo: «Fiume, oltre ad avere un’età media sempre più alta, sta pagando il crollo dei sistemi mastodontici jugoslavi. Davano lavoro a persone giunte da tutta l’ex Federazione, che dopo il crollo sono tornate a casa. Anche l’esiguo territorio cittadino è un handicap, ma non il più importante nello spiegare la flessione demografica, causata soprattutto da problemi economici». Allo spopolamento di Fiume fa da contraltare la crescita registrata nelle località che un tempo facevano parte del grande comune fiumano, come ad esempio Castua e Viskovo, che non a caso hanno dato i natali ad una miriade di piccole imprese.

«Il progetto dei socialdemocratici teso a deindustrializzare Fiume per trasformarlo in centro di commerci, turismo e cultura è fallito – parole del segretario politico di Alleanza litoraneo – montana (partito regionalista), Nikola Ivanis – il potere cittadino è in permamente e dannosa contrapposizione non solo con Zagabria ma anche con i comuni vicini, in primo luogo con Buccari a causa della zona industriale di Kukuljanovo, che dal 1993 appartiene ai buccarani».

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © Il Piccolo