Fine vita, così il Tribunale di Trieste ha condannato l’Asugi: “Illegale imporre le cure”

L’Azienda sanitaria triestina è stata condannata a risarcire con 25 mila euro la famiglia di un 84enne colpito da ictus per aver violato il suo diritto a rifiutare le cure, anche se salvavita: «Lesa la sua libertà di autodeterminarsi»

Piero Tallandini
Il Tribunale di Trieste
Il Tribunale di Trieste

Violato il diritto costituzionale all’autodeterminazione del paziente in ambito terapeutico. Per questo l’Asugi è stata condannata dal Tribunale civile di Trieste a risarcire con 25 mila euro la famiglia di Claudio de’ Manzano, 84enne triestino colpito da un ictus nel dicembre 2018: ricoverato a Cattinara con gravi lesioni nella parte destra del corpo, non riusciva più a parlare, a mangiare né a bere da solo. Era nutrito e idratato artificialmente.

Fine vita, Asugi condannata: “Cure non volute imposte a paziente colpito da ictus”

La volontà del paziente

Secondo quanto rimarcato dai familiari, prima dell’ictus aveva espresso con chiarezza, da anni, la volontà di non proseguire trattamenti sanitari che giudicava incompatibili con la propria dignità personale, volontà poi ribadita anche dalla figlia Giovanna Augusta, avvocato del Foro di Trieste, che poi è diventata sua amministratrice di sostegno. L’Asugi non aveva accolto la richiesta di sospensione delle cure e di dimissioni, negando il trasferimento in un’altra struttura.

Dignità lesa

«Per un paziente che aveva deciso di non prolungare la vita ove si fosse trovato in quelle condizioni – afferma la sentenza –, il mantenimento di ogni trattamento vitale, il vedersi collegato a device che lo tenevano in vita in una condizione di allettamento e di quasi totale immobilità ha inciso in termini di profonda sofferenza emotiva, cagionandogli un senso di impotenza e di frustrazione». Una condizione che «ha leso la dignità» del paziente «contrastando il senso personalissimo che egli aveva della vita, della sofferenza e di come non avrebbe voluto continuare a vivere, perché contrario all’idea di dignità della sua persona».

«Si presume che si tratti di una sofferenza profonda perché viola le convinzioni stesse dell’individuo – ha concluso il Tribunale – che, proprio in ragione dell’età (84 anni) delle sue condizioni e convinzioni personali, avrebbe dovuto essere rispettato. Alla violazione del diritto alla autodeterminazione si aggiunge anche il danno per una condizione di protratta e totale inabilità permanente». Ecco, dunque, il danno determinato nella misura di 25 mila euro totali.

Il rifiuto di Asugi

Di fronte all’irreversibilità delle condizioni cliniche del padre, nel gennaio del 2019 la figlia aveva chiesto di togliere l’idratazione e l’alimentazione artificiale. L’Azienda sanitaria si era però rifiutata rimettendo la decisione finale al Giudice tutelare, come previsto dalla normativa sul biotestamento. Si era quindi rivolta alla Salus, che aveva dato la disponibilità a ricoverare l’84enne e ad accogliere la volontà espressa dai famigliari. Claudio de’ Manzano era deceduto dopo una ventina di giorni dall’interruzione dell’idratazione e dell’alimentazione, previa sedazione. La figlia, avvocato, aveva quindi presentato un esposto per chiedere verifiche approfondite sul modus operandi dell’ospedale di Cattinara in tema di fine vita.

Una sentenza storica

Nella battaglia legale la famiglia è stata sostenuta dall’associazione Luca Coscioni. «Una sentenza storica, che segna un passo fondamentale per il rispetto della volontà dei pazienti nel nostro Paese» hanno affermato in una nota Marco Cappato e Filomena Gallo, rispettivamente tesoriere e segretaria nazionale dell’associazione. Sentenza che «ha condannato nuovamente, per il mancato rispetto delle decisioni di un paziente, l’Azienda sanitaria universitaria giuliano isontina che con un comportamento atipico e contro la legge ha violato il diritto a rifiutare le cure, anche se salvavita».

«Una decisione – hanno aggiunto Cappato e Gallo – che rafforza il principio inviolabile dell’autodeterminazione sancito dalla Costituzione e dalla legge 219/2017 sul consenso informato e il testamento biologico, ovvero le Dat (disposizioni anticipate di trattamento)».

Il ricorso

Il direttore generale dell’Asugi Antonio Poggiana ha preferito non commentare la sentenza. L’avvocato dell’Azienda sanitaria, Giovanni Borgna, ha confermato che sarà presentato ricorso e dunque la sentenza sarà impugnata davanti alla Corte d’Appello del Tribunale triestino. «L’Asugi ha deciso di proporre appello, pur rispettando la decisione della magistratura – ha affermato Borgna –. È essenziale un ulteriore vaglio da parte di una magistratura superiore, anche per riuscire ad avere un precedente chiaro e definitivo. Resta la convinzione, da parte dell’Asugi, di aver agito secondo prudenza e all’esclusivo scopo di tutelare la salute di un paziente».—

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