Fine delle proroghe: è in partenza un milione di cartelle esattoriali

Dal 1º settembre stop all’arretrato accumulato in 18 mesi. I pagamenti scongelati riguardano tutte le pendenze, non solo quelle tributarie

Riccardo De Toma

TRIESTE Il tappo è lì dall’8 marzo 2020: a metterlo fu il decreto Cura Italia, congelando tutti i termini di versamento di pagamenti legati a cartelle di pagamento, avvisi di accertamento e di addebito. E fermando anche l’invio di cartelle e nuovi atti di riscossione. Doveva essere un blocco di un paio di mesi, ma di proroga in proroga – l’ultima con il decreto Sostegni bis – la moratoria è arrivata fino al 31 agosto.

Salvo sorprese della ultima ora, non ci saranno ulteriori dilazioni e dall’1 settembre la massa enorme dell’arretrato accumulato, ben 18 mesi di versamenti, rate e pendenze congelate, si riverserà sugli italiani in debito verso l’erario. E gli agenti potranno riprendere a notificare nuove cartelle, nuovi atti di pignoramento e attivare procedure di riscossione coattiva, dall’iscrizione di ipoteche al fermo dei veicoli.

UN MILIONE DI CARTELLE

Le stime più ricorrenti di queste ultime settimane (rilanciate anche dalle forze politiche che chiedono ulteriori proroghe dei termini) parlano di 60 milioni di atti pronti a riversarsi sulle teste e sulle tasche degli italiani. Se la stima è corretta, significa qualcosa come un milione di atti pendenti in regione e una media di circa uno per ogni cittadino, neonati compresi. Il calcolo è fuorviante, come il mezzo pollo a testa di Trilussa, ma dà una misura eloquente dell’arretrato accumulato nelle pratiche dell’Agenzia delle entrate-Riscossioni. Confrontando le relazioni tecniche ai decreti Sostegni e le carte dell’Ufficio parlamentare, del resto, scopriamo che il costo complessivo dei rinvii per le casse dello Stato, da marzo 2020 a oggi, è stato finora di 3.400 milioni.

LE PENDENZE

I pagamenti scongelati riguardano tutte le pendenze, tributarie e no, derivanti da cartelle di pagamento, avvisi di accertamento o addebito Inps affidati all’ex Equitalia in scadenza tra l’8 marzo 2020 e il 31 agosto 2021. Se nel caso di un pagamento singolo (come un avviso di accertamento dell’Agenzia delle entrate relativo a imposte non versate o a un avviso di addebito dell’Inps per l’omesso pagamento dei contributi) si tratterà soltanto di un esborso rinviato di un anno e mezzo, il problema vero riguarda i milioni di cartelle e di atti con piani di rateizzazione delle pendenze già in essere l’8 marzo 2020. Da marzo 2020 ad agosto 2021, infatti, i vari decreti hanno consentito di “saltare” il versamento di ben 18 rate mensili. Rate che non slittano di 18 mesi, ma che i debitori sono ora tenuti a versare entro il termine di un mese a decorrere dal 31 agosto, quindi entro il 30 settembre, pena la decadenza dal beneficio della dilazione.

SCALONE

Su tutti coloro che abbiano approfittato in toto della proroga fino al 31 agosto 2021, quindi, incombe la sagoma minacciosa di un vero e proprio scalone, salvo modifiche o ammorbidimenti dell’ultima ora da parte del Governo. Vero infatti che l’economia è ripartita, compresi molti settori rimasti a lungo al palo, come il turismo e vaste aree del commercio, ma in quanti saranno in grado di far fronte a una super scadenza come quella che si profila? Se l’Agenzia entrate riscossioni ha promesso gradualità «per evitare ingorghi difficilmente gestibili», allo stato attuale le uniche possibilità di ammortizzare nel tempo lo scalone sono quelle già previste dalla legislazione vigente, che consente di mantenere il beneficio della dilazione (senza mandare a monte l’intero piano di rateizzazione) se il debito accumulato non arriva a 10 rate. Chi dall’1 settembre si trova con 18 rate legittimamente scadute dovrà quantomeno versarne 9 entro il 30 settembre.

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